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Mediaset-Telecom, i paletti di AgCom

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la partita dei media

Mediaset-Telecom, i paletti di AgCom

Operazioni volte a concentrare il controllo di Telecom Italia e di Mediaset «potrebbero essere vietate». L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni interviene sulla vicenda della scalata di Vivendi al polo televisivo controllato da Fininvest. Ribadendo quanto anticipato ieri da Il Sole 24 Ore, l'Agcom ricorda che il Testo Unico sui servizi media audiovisivi e radiofonici vieta di acquisire ricavi superiori al 10% del Sic, Sistema integrato comunicazioni, a chi detenga una quota superiore al 40% del mercato italiano delle comunicazioni elettroniche.

L'Agcom sottolinea come Telecom Italia, «il cui azionista di maggioranza è il gruppo Vivendi con una quota del capitale sociale del 24,68%» sia il principale operatore sul mercato delle tlc, con una quota del 44,7%. Scatta quindi il tetto ad hoc del 10% (per le altre imprese, come Mediaset, è del 20% del Sic). E chi controlla Telecom non può arrivare a controllare Mediaset, che raggiunge nel 2015 una quota del 13,3% del Sic. Tale “tetto” del 20% (10% per Telecom Italia) non può essere superato anche attraverso società controllate o collegate.

Il controllo sussiste nella forma dell'influenza dominante, quando un soggetto, a esempio, eserciti la la maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria o la nomina e la revoca della maggioranza degli amministratori. Sembra evidente che - per ora - non sussista un'influenza dominante di Vivendi in Mediaset e quindi non scatti il controllo congiunto. L'Agcom infatti parla di operazione «che potrebbero essere vietate». Lo stessa norma, ovviamente, impedirebbe a Fininvest, che controlla Mediaset, di avere un'influenza dominante su Telecom attraverso una crescita delle proprie quote azionarie.

Fin qui le regole del garante. Diverso il discorso relativo a eventuali interventi normativi. In questo caso, in ambienti di governo, si ammette che sarebbe difficile individuare uno strumento che non finisca per apparire una misura protezionistica. I poteri di veto del golden power non sono esercitabili, perché Vivendi è un'azienda comunitaria e perché il settore tv non rientra tra gli asset strategici da salvaguardare: difesa, reti energetiche, reti trasporti, rete tlc.

Da Bruxelles ieri il premier Paolo Gentiloni ha affermato che sulla vicenda Mediaset il «governo ha detto chiaramente che si tratta di un'operazione di mercato». Ma ha espresso una valutazione critica sulle «modalità ostili» dell'operazione che sta conducendo Vivendi. E ha manifestato una vigile attenzione, vista la natura del settore.

A livello di forze politiche c'è un'anima della maggioranza, del Pd in particolare, che è storicamente convinta dell'efficacia della separazione della rete di telefonia fissa, in questo caso teorico deterrente per Bolloré nel caso avanzi nell'idea di un asse Mediaset-Telecom. Ma mosse così estreme potrebbero apparire in contraddizione con le convinzioni pro libero mercato. Per ora si va avanti con una moral suasion “di sistema”, in qualche modo anche coordinata tra politica e mondo finanziario come dimostrano le parole di Carlo Messina, ad di Intesa : « Supportiamo Mediaset in questa operazione, è importante che le aziende italiane restino italiane».

Che non ci siano misure in campo ma una volontà di fare pressing lo conferma, in un'intervista televisiva, il ministro della Giustizia Andrea Orlando: «Il governo non può intervenire perché non può impedire una dinamica di mercato, il governo può mettere dei paletti» non guardando al «proprietario dell'azienda ma ai 20 mila dipendenti».

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