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L'inchiesta della procura generale sulla retrodatazione della gara

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L'inchiesta della procura generale sulla retrodatazione della gara

Ci sarebbero due verbali manomessi nell'inchiesta che vede indagato il primo cittadino di Milano Giuseppe Sala. Per sostituire due componenti della commissione aggiudicatrice della gara per l'appalto della «Piastra dei servizi» del 2012, evitando così di rifare tutto da capo, gli ex vertici di Expo, tra cui appunto Sala in qualità di amministratore delegato della società dell'evento, avrebbero retrodatato l'atto. I due componenti erano incompatibili e occorreva trovare una soluzione. Soluzione che però, stando a quanto emerge dall'inchiesta, non ha comportato turbative d'asta.

Si parla di «circostanze non rispondenti alla realtà con l'intento di evitare di dover annullare la procedura fin lì svolta», evitando così i ritardi sui «cronoprogrammi». Il nucleo Tributario della Gdf, che iniziò ad approfondire nel 2013, parlava nelle sue informative di «condizionamenti dovuti all'incomprimibile ritardo che ostacolava gravemente il completamento del sito in tempo utile per l'avvio della manifestazione espositiva».
Per la precisione si parlava anche di «contesto di evidente illegalità». La procura ha tenuto aperto il fascicolo, ritenendo però che non ci fosse dolo.

Secondo le intercettazione, come segnala la Gdf, l'atto della nomina di commissari supplenti è del 30 maggio 2012, ma è stato datato 17 maggio 2012. Contestualmente «era emanato il nuovo verbale di nomina della commissione, anch'esso datato 17 maggio», quindi «non si è provveduto alla revoca della nomina dei commissari incompatibili». Tuttavia l'atto per gli inquirenti non ha «comportato delle irregolarità» perché «i due commissari incompatibili non hanno partecipato alla valutazione delle offerte».

L'inchiesta prende formalmente avvio nel 2014. Era il fascicolo aperto dal sostituto procuratore Alfredo Robledo, che indagava sugli appalti gestiti dalla partecipata della Regione Lombardia Ilspa. Da lì il passaggio successivo fu proprio un faro sul principale appalto dell'Expo, 272 milioni di base d'asta e vinto dall'Ati della Mantovani per 165 milioni. Il prezzo poi lievitò con una serie di varianti e lavori supplementari, fino ad arrivare a 290 milioni; fatto, questo, messo sotto controllo anche dall'Anac.

C'erano già degli indagati (il general manager Angelo Paris, il presidente della Mantovani Piergiorgio Baita, il manager Antonio Acerbo e i lobbisti Ottaviano e Erasmo Cinque) ma il dossier sembrava destinata all'archiviazione, con la richiesta della procura al gip. Richiesta respinta, e inaspettatamente un mese e mezzo fa la procura generale ha avocato a sé le indagini. Un fatto insolito.
Ora Sala risulta indagato dal pg Felice Isnardi per falso (probabilmente falso materiale, ovvero il cambiamento formale di un atto, e falso ideologico, per una modificato apportata da un pubblico ufficiale).

Robledo ieri ha commentato così: «Finalmente la magistratura si è ripresa la sua veste istituzionale, liberandosi dalle influenze della politica e delle correnti». Questa inchiesta era stata uno dei motivi dello scontro tra lui e l'allora procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Nel giugno del 2014 Robledo presentò al Csm un esposto in cui scriveva di essere stato escluso dagli interrogatori e poi dalle inchieste riguardanti l'Expo. Ora Bruti è in pensione, mentre Robledo è stato trasferito dal Csm a Torino con l'incarico di giudice.

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