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Scostamento «piccolo e temporaneo» per aggirare i possibili rilievi Ue

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debito pubblico e partita ue

Scostamento «piccolo e temporaneo» per aggirare i possibili rilievi Ue

Un effetto potenziale sul debito pubblico pari a circa l’1,2% del Pil, nel caso in cui lo sforamento dal target programmato per il 2017 (132,6%) si realizzasse per l’intero ammontare. È il limite massimo previsto dal Governo per mettere in sicurezza il sistema bancario, sotto forma di un intervento qualificato come “precauzionale”. Qualora il maggior indebitamento effettivo fosse inferiore, l’impatto sul debito ne risulterebbe più contenuto. Conseguenze vi saranno anche per quel che riguarda il deficit, con impatto da verificare nel corso del prossimo anno sul fronte della spesa per interessi (stimata per ora al 3,7% del Pil contro il 4% del 2016).

Con quali ricadute sulla trattativa in corso con Roma, in previsione del giudizio finale sulla manovra atteso per marzo? Occorrerà tener conto del possibile, maggior deficit ma il problema è un debito che non scende come promesso. Il tutto, in prossimità del documento che la Commissione europea si accinge a render noto proprio sulle prospettive di medio periodo del nostro debito pubblico. È l’elemento di maggiore vulnerabilità con cui occorre fare i conti, come non mancano di sottolineare tutte le più recenti prese di posizione da parte di Bruxelles. L’apertura di una procedura d’infrazione per eccesso di squilibri macroeconomici rientra tra le ipotesi possibili, anche se al ministero dell’Economia si confida sulle due condizioni principali che il Governo si accinge a presentare alla Commissione Ue: si tratta di uno scostamento «di piccola entità e temporaneo», contemplato dalle regole europee in presenza di «eventi straordinari al di fuori del controllo dello Stato», come si rileva nella relazione presentata al Parlamento. Nel caso specifico di Mps, il rischio da evitare è che si determinino «gravi crisi finanziarie con rilevanti ripercussioni sulla situazione economica del Paese».

Il Governo, una volta autorizzato dal Parlamento che si pronuncia in questi casi a maggioranza assoluta, può ricorrere all’indebitamento «per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie attivando le procedure previste in caso di eventi eccezionali dall’articolo 6, comma 3 della legge 24 dicembre 2012, n. 243». È la cosiddetta legge rinforzata approvata in attuazione del principio costituzionale dell’«equilibrio di bilancio» (il nuovo articolo 81). L’ultima richiesta di avvalersi della procedura ex articolo 6, comma 6 della medesima legge, è stata avanzata dal Governo il 12 ottobre scorso, per elevare il target del deficit 2017 dal 2 al 2,4 per cento. Finora, se si comprende la relazione su cui oggi si pronuncerà il Parlamento, ammontano a sei le richieste avanzate dal Governo da quando è in vigore la normativa del 2012: le prime due a valere sul Def e la successiva Nota di aggiornamento 2014, la terza sulla Nota di aggiornamento 2015, le altre sul Def e Nota di aggiornamento 2016. In tutti i casi, si è trattato di richieste motivate da «eventi eccezionali», dalla prolungata fase recessiva alle spese per migranti, sicurezza e terremoto. Sforamenti ammessi da Bruxelles, che tuttavia (al netto delle circostanze eccezionali) attende segnali concreti come ribadisce il parere emesso il 17 novembre dalla Commissione Ue e condiviso dall’Eurogruppo il 5 dicembre: fermo restando il rischio di «forte deviazione» rispetto alle regole europee, si osserva come il Documento programmatico di Bilancio presentato da Roma non sia in linea con la «regola del debito» sia nel 2016 (con un gap del 4,6% del Pil), che nel 2017 (con un gap dell’1,9%).

Anche a prescindere dal nuovo, probabile ricorso all'indebitamento, i conti italiani sono dunque sotto osservazione. Il che non equivale tout court alla possibile apertura di una procedura di infrazione, ma che tuttavia imporrà nei prossimi mesi massima vigilanza, impegni programmatici e assicurazioni formali. La Commissione si ispirerà anche in questo caso a valutazioni prevalentemente “politiche”, ma occorre fare i conti con le pressioni provenienti dai paesi più “rigoristi”, Germania in testa. Il governo Gentiloni, nel tempo di cui potrà disporre fino alle elezioni, dovrà offrire prima di tutto rassicurazioni sul versante delle riforme strutturali, e dunque sull’impatto che queste potranno avere in termini di maggiore crescita. Si potrà contare su un minimo di ripresa dell’inflazione, e in misura minore su nuove (e non certo risolutive) dismissioni.

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