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Garanzie e piano, raffica di esami europei

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Garanzie e piano, raffica di esami europei

(Fotogramma)
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Approvata la struttura per il sostegno pubblico straordinario delle banche in difficoltà, ora si tratta di avviarne gli ingranaggi e di sottoporli agli esami di Bce e Commissione Ue, in un percorso in più tappe dall’esito tutt’altro che scontato.

Soprattutto se la prima prova, quella del Monte dei Paschi, vale fino a 8,8 miliardi invece dei 5 che erano stati previsti dall’aumento «di mercato», imponendo un peso maggiore del previsto allo Stato anche alla luce degli oltre 2 miliardi di bond subordinati in mano ai piccoli investitori per i quali si prevede un meccanismo che porta al ristoro integrale.

La condivisione dei costi a carico degli obbligazionisti subordinati come premessa indispensabile della ricapitalizzazione precauzionale pubblica del Monte dei Paschi ha inevitabilmente concentrato le attenzioni della vigilia intorno al decreto salva-banche di Natale. L’ingresso del Tesoro nel capitale di Rocca Salimbeni e il conto da presentare ai titolari dei bond occupano però solo le ultime caselle di un percorso più complesso, che si articola in diversi passaggi tutti sottoposti all’esame e al via libera da parte della commissione europea e della Bce.

Le prime tappe di questo cammino, che si può idealmente dividere in dieci mosse principali, guardano alla liquidità, che costituisce il problema più urgente come sottolineato dalla stessa Bce quando ha negato la possibilità di portare al traguardo l’aumento di capitale privato dopo il 31 dicembre. Per sostenere la banca nel periodo che conduce alla ricapitalizzazione precauzionale, e che a questo punto sarà inevitabilmente più lungo rispetto al calendario imposto all’operazione privata, il Tesoro ha a disposizione la garanzia pubblica sulle nuove emissioni, un meccanismo autorizzato a luglio dalla Bce per una dotazione fino a 150 miliardi e ora reso attivabile dal decreto. Per partire davvero, come prevede l’articolo 7 del decreto, la banca deve presentare la richiesta di garanzie, indicando il fabbisogno di liquidità e le operazioni per le quali chiede l’ombrello pubblico. Entro due mesi, poi, la banca dovrà presentare un piano di ristrutturazione per certificare la sua capacità di camminare a lungo termine con le proprie gambe: sarà la commissione europea a decidere se questo piano ha le carte in regola e non è in conflitto con le regole Ue che vietano gli aiuti di Stato.

Quello a corredo della richiesta di garanzie sulla liquidità è solo il primo programma che il Monte dei Paschi affiancato dall’aiuto pubblico dovrà portare sui tavoli degli organismi comunitari. Anche la ricapitalizzazione precauzionale, cioè il cuore del meccanismo chiamato a riportare il Monte in sicurezza dopo il deconsolidamento della mole dei crediti deteriorati, è infatti sottoposto al vaglio europeo, in particolare della Bce oltre che di Bankitalia. La ricapitalizzazione segue infatti alla presentazione del «programma di rafforzamento patrimoniale», e l’autorità di vigilanza dovrà valutare se la quantificazione del fabbisogno di capitale è congrua e se le misure per raggiungere il risultato sono idonee e realizzabili. La partenza del programma farebbe scattare anche i vincoli alla gestione imposti dal paragrafo 47 della comunicazione Ue del 2013 sul sistema bancario, che prevedono in particolare l’autorizzazione preventiva della Bce a qualsiasi operazione di gestione del capitale oltre al blocco di dividendi e acquisti di aprtecipazioni in imprese (si veda Il Sole 24 Ore).

Il passaggio alla vigilanza di Francoforte non si annuncia scontato, come ha voluto ricordare il presidente della BundesBank Jens Weidmann: «Ci sono molte questioni aperte», ha spiegato in un’intervista alla Bild, e il piano andrà «valutato attentamente» per capire se la struttura della banca, al netto dei crediti deteriorati, «è economicamente sana» ed evitare il rischio che i fondi pubblici finiscano per «coprire il rischio di perdite prevedibili». Messe così, le considerazioni di Weidmann richiamano l’ortodossia delle regole Ue, che puntano a «tutelare i contribuenti più degli investitori», ma ribadiscono che gli esami europei non saranno semplici.

Non solo: presentata al Tesoro e a Bankitalia la richiesta di sostegno, completa di tutti i dati chiave della banca e dell’operazione per rimetterla in sesto, il piano va sottoposto alla commissione Ue, chiamata anche in questo caso a esprimersi sul fatto che l’operazione non superi i confini delle norme che vietano gli aiuti di stato.

Solo a questo punto arriva il decreto dell’Economia che attua il burden sharing, premessa indispensabile per l’iniezione di fondi pubblici. Sul punto, la relazione tecnica che accompagna il decreto spiega che l’orizzonte è quello delineato dalla comunicazione Ue del 2013 sul settore bancario, e che «non può essere disposta la riduzione del valore degli strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza» perché questa misura servirebbe ad assorbire perdite che impattano anche in bilancio e che superano il patrimonio netto contabile della banca; nel caso del Monte si tratta invece di riportare i livelli di capitale alle soglie chieste da Francoforte per superare anche lo scenario avverso ipotizzato negli stress test.

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