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Borsa negata a uno studente su due

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Borsa negata a uno studente su due

Poco più di un’università su due riesce a garantire con la dovuta tempestività la borsa di studio a tutti gli studenti che ne hanno diritto. Rispetto agli anni scorsi, il dato è in leggero miglioramento, anche grazie al fatto che l’indagine condotta oggi è andata oltre i dati ufficiali del ministero per abbracciare anche le borse erogate più o meno affannosamente con risorse alternative come il fondo sociale europeo, ma il problema rimane grave.

A indicare il diritto alla borsa di studio sono dati fissati dalla legge, cioè l’Isee (indicatore della situazione economica equivalente) e l’Ispe (indicatore della situazione patrimoniale equivalente), ma tanta “scientifica” oggettività si perde quando si passa all’atto pratico. Il riconoscimento dell’«idoneità», cioè del diritto dello studente a ottenere la borsa, spesso si perde nell’assenza di risorse per tradurlo in realtà.

La responsabilità è prima di tutto delle regioni, che hanno la competenza diretta sul tema e spesso hanno deciso di tagliare questa voce di bilancio ritenendola secondaria anche sul piano politico, ignorando l’ovvia considerazione che ridurre queste risorse significa mettere un’altra piccola ipoteca sul futuro. Gli atenei nelle regioni più problematiche, quindi, non possono che limitarsi a prendere atto della situazione, e in qualche caso ad avviare appunto la ricerca alternativa da questo o quel fondo: con il risultato, paradossale, che a volte la borsa arriva anche molto tempo dopo la fine dell’anno accademico a cui si riferisce (ma queste borse ritardatarie, attribuite dopo il 31 ottobre e quindi nei fatti un rimborso ex post che abbandona il ruolo vero di finanziare gli studi di chi non ha i mezzi, non sono calcolate negli indicatori del ranking).

Dal punto di vista dello studente, però, quello che conta è il risultato finale, perché se la borsa di studio non c’è poco importa che a farla mancare sia la regione o l’ateneo. Ad aggravare il problema c’è il fatto che ancora una volta sono le regioni del Sud a mostrare i dati più sconfortanti. All’Orientale di Napoli solo il 15,6% degli studenti hanno visto realizzato il loro diritto alla borsa di studio, a Benevento i “fortunati” sono il 22,3% mentre a Catanzaro si arriva al 25,4% e a Palermo al 35,4 per cento. Sono numeri che parlano da soli, e che sanciscono il fatto che il diritto è negato proprio dove le condizioni economiche delle famiglie lo rendono più indispensabile. Anche questo aiuta a spiegare i più bassi tassi di iscrizione all’università, e gli alti abbandoni, che caratterizzano il Mezzogiorno: chi ha i mezzi spesso sceglie di trasferirsi in atenei delle regioni che offrono più chance professionali, e chi non li ha rinuncia del tutto all’università. (G. Tr.)

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