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Bufera M5S, Grillo serra i ranghi

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Bufera M5S, Grillo serra i ranghi

  • –Manuela Perrone

ROMA

Dopo la tempesta europea del fallito passaggio con i liberali del gruppo Alde, i due eurodeputati fuoriusciti, i malumori verso la leadership di Davide Casaleggio e l’ipotesi di tassare gli eletti seccamente smentita, sarà di nuovo Beppe Grillo a provare a far uscire il M5S dall’angolo. La prossima settimana è atteso a Roma, probabilmente martedì. Con il compito di tentare per l’ennesima volta di ricompattare i suoi, blindando il ruolo di Casaleggio jr (ancora incerta la sua discesa nella capitale).

Ma Grillo verrà anche per seguire da vicino l’evoluzione del caso Roma. Da lunedì, infatti, ogni giorno è buono perché la prima sezione del tribunale civile, che ieri si è riunita in camera di consiglio, emani la decisione sul ricorso presentato dall’avvocato Venerando Monello, iscritto al Pd, contro il codice di comportamento fatto firmare alla sindaca Virginia Raggi e ai suoi consiglieri prima di essere eletti, che prevede una penale di 150mila euro. Monello ha chiesto che ne sia riconosciuta la nullità e che la sindaca sia dichiarata ineleggibile perché il “contratto” - spiega - «sottrae alla carica di sindaco, al ruolo e all’istituzione le loro prerogative tipiche a favore di terzi estranei all’amministrazione, che nessuno ha mai votato» (Grillo e Casaleggio). Violando, a suo avviso, princìpi e norme costituzionali. Si dice fiducioso, di contro, il legale di Raggi, Ervin Rupnik: «Il codice di comportamento M5S è secondo noi perfettamente valido e non impone un vincolo di mandato per l’eletto. Le cause di ineleggibilità sono determinate dalla legge e tra queste non c’è certo la sottoscrizione di un codice etico. Se anche venisse dichiarato nullo, vorrebbe dire che non è mai esistito e quindi Monello non potrebbe chiedere né l’ineleggibilità né la decadenza della sindaca». Quanto alla penale, è la «prequantificazione di un eventuale danno d’immagine» al M5S, assicura Paolo Morricone, anche lui nel team di avvocati della sindaca.

La questione della tenuta giuridica delle regole interne è centrale. Anche rispetto agli addii degli eurodeputati, che potrebbero non fermarsi a Marco Affronte e Marco Zanni. Per loro la penale prevista è ancora più alta: 250mila euro. A scagliarsi di nuovo contro chi cambia casacca è stato ieri il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio: le multe sono «un escamotage» per «provare a limitare questa assenza di vincolo di mandato che ha creato i voltagabbana della politica». Come i due Marco, «persone che quando stavano nel Movimento venivano trattate come appestati, appena escono vengono trattate da statisti». Le parole di Di Maio tradiscono la linea dei vertici: niente sconti. E ranghi serrati. Così la senatrice Elisa Bulgarelli - che due giorni fa aveva parlato di «cerchi e cerchietti magici» con riferimento all’associazione Rousseau e che ieri ha rincarato esortando Grillo a negare che Rousseau sia «una segreteria di partito» - è stata di fatto liquidata da Di Maio: «È il solito dibattito che non interessa a nessuno».

Grillo ha provato a stemperare i toni con gli ortodossi. Ieri si è chiarito con il deputato Carlo Sibilia, rimproverato tra le righe dal blog perché aveva criticato l’avvicinamento all’establishment. La situazione in Campidoglio è ritenuta sotto controllo. Raggi ha citato la morte per freddo di una senzatetto e attaccato il governo («24 miliardi per salvare una banca senza mai approvare il reddito di cittadinanza finanziato con 17 miliardi»). Il Pd l’ha accusata di «sciacallaggio», ma i parlamentari grillini le hanno fatto scudo. Preoccupa più Palermo, dove il M5S perde pezzi: due i candidati a sindaco rimasti, 27 i consiglieri. La strada del governo nazionale è lastricata di veleni. E oltre al programma e alla squadra ancora da definire, c’è un nodo fondi: se non ci saranno versamenti obbligatori degli eletti («come un partito qualsiasi», commentano i critici), certo è che l’associazione Rousseau lavora per capire come incrementare le donazioni.

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