Italia

Lombardia e Veneto verso il referendum autonomista

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Lombardia e Veneto verso il referendum autonomista

  • –Mariano Maugeri

Stavolta non si torna indietro: Veneto e Lombardia sono pronti a proclamare i due referendum consultivi (e senza quorum) sull’autonomia regionale. È questione di qualche settimana. Luca Zaia, governatore del Veneto, l’aveva già anticipato nella conferenza stampa di fine anno: «Dal momento in cui proclameremo ufficialmente il referendum, i veneti dovranno pronunciarsi entro 60 giorni su un modello di autonomia come quello altoatesino».

Tradotto, per chi non fosse esperto di autonomie regionali e provinciali, significa che il 90% delle tasse saranno trattenute sul territorio. Un impatto per nulla marginale sui conti pubblici del Paese, se si calcola che Veneto e Lombardia cedono ogni anno allo Stato un residuo fiscale - cioè la differenza di entrate e spese - di oltre 70 miliardi. Per la precisione 53,9 miliardi la Lombardia e 18,2 il Veneto. Soldi che in caso di vittoria dei sì potrebbero rimanere sui territori. Tutto dipenderà dalla trattativa che a quel punto si intavolerà tra il governo e le due Regioni. Altro discorso è valutare le conseguenze di una sottrazione di risorse così imponente sui conti dello Stato (tutte le Regioni meridionali hanno un residuo fiscale negativo).

Zaia non ha dubbi sulla vittoria dei sì. «Però è fondamentale che gli elettori si esprimano attraverso il voto, qualunque esso sia. Auspico file chilometriche ai seggi. Dev’essere un plebiscito con un’altissima percentuale di votanti, solo così faremo capire a Roma il nostro reale sentimento autonomista».

Già si ipotizzano i giorni papabili per il D-day, qualcuno mormora domenica 9 aprile. Bobo Maroni e Luca Zaia hanno messo in moto le rispettive diplomazie per concordare la data. Dice Stefano Bruno Galli, docente di Dottrine politiche alla Statale e capogruppo della lista Maroni in consiglio regionale: «Dobbiamo solo decidere quando inviare la comunicazione al ministro degli Interni e al prefetto di Milano. Lo statuto lombardo su questo tema ha regole diverse da quello veneto. Per quanto ci riguarda, abbiamo già accantonato in bilancio la somma necessaria».

Dal via libera della Consulta ai due referendum proposti dalla Cgil, potrebbe scaturire un abbinamento che consentirebbe a Lombardia e Veneto di risparmiare una cifra oscillante tra i 14 e i 20 milioni, tanto è il costo stimato di una consultazione su scala regionale. Il governatore del Veneto è aperto a tutte le soluzioni: «Sono d’accordissimo a un eventuale election day. Ma Roma sappia che andremo comunque per la nostra strada».

Quello di Zaia è un riferimento neppure tanto implicito al tira e molla dell’anno passato, quando Veneto e Lombardia cercarono inutilmente di abbinare i referendum sullo statuto speciale prima alla consultazione sulle trivelle, poi alle amministrative di giugno e, infine, alla chiamata alle urne per la riforma costituzionale del 4 dicembre. In tutti i casi il governo oppose un no secco. La pratica referendum è stata solo rinviata di un anno. Il comitato strategico di costituzionalisti ed esperti di Scienza delle finanze insediata dal governatore del Veneto (Luca Antonini, Mario Bertolissi e Carlo Buratti), tutti ordinari all’università di Padova, è d’accordo su un punto: «Per la prima volta nella storia repubblicana milioni di cittadini saranno chiamati a esprimersi sulla loro autonomia». E non sono pochi coloro che conferiscono al referendum una sorta di “valore fondativo”, una cesura tra la situazione ex ante e quella che si costituirà a urne capovolte.

Il governatore del Veneto insiste su una metafora: «Sarà come accendere la luce nella notte della Repubblica». Una luce che illuminerà, nel caso in cui il processo fosse coronato dal successo, solo due Regioni su 15 a statuto ordinario, l’equivalente di un quarto della popolazione italiana.

Forse ha ragione Massimo Cacciari quando insiste sull’urgenza di una riforma sistemica dello Stato in senso federalista, magari sul modello tedesco: il tema dei temi rimosso da quasi tutto l’arco costituzionale della prima e della seconda Repubblica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA