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I dubbi se Renzi regga al nuovo schema di coalizione e la «carta»…

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L'Analisi|Politica 2.0

I dubbi se Renzi regga al nuovo schema di coalizione e la «carta» Gentiloni

A pochi giorni dalla sentenza della Consulta sulla legge elettorale, c’è un altro tema che sta crescendo: se Matteo Renzi possa “reggere” in un contesto politico mutato. Se, cioè, le prossime regole - che tutti dicono rilanceranno alleanze e coalizioni - possano calzare al suo stile di leadership più solitario che inclusivo, più di comando che di mediazione. Insomma, il fatto che abbia guidato il Pd a colpi di lacerazioni profonde fa sì che oggi siano in pochi a scommettere sulla sua capacità di gestire più di un partito in una chiave di Governo. Il punto, per Renzi, sta diventando non tanto e non solo essere accettato dai Democratici come candidato-premier ma avere il via libera delle altre liste disponibili a un’alleanza. Liste che non saranno come è oggi il partito di Alfano ma che avranno una forza elettorale alle spalle e quindi saranno meno inclini a essere trattate da ancelle. O a essere fagocitate come è successo con Scelta civica. Ecco dove si concentrano le domande su Renzi: se sarà capace di un mutamento di stile e di comportamento e, soprattutto, se sarà credibile.

Ma, fin qui, l’argomento non è del tutto nuovo. La novità, piuttosto, è Paolo Gentiloni: ogni giorno che passa sta conquistando questa credibilità perché lui appare più coerente con uno scenario che va cambiando, fatto meno di scontri muscolari e più di capacità di aggregazione. E su questo punto si innesta il ragionamento dentro il Pd dove il tema della nuova legge elettorale si incrocia con il tema-Renzi. C’è, infatti, uno schieramento ampio nel partito che va da Orfini a Franceschini e fino a Guerini che ha iniziato a tifare per il proporzionale proprio per non far divampare uno scontro sulla leadership. Il motivo? Che con quel metodo prevale la squadra sul leader e ci sarebbe spazio per tutti senza arrivare a un solo nome e senza una nuova conflittualità. Con il maggioritario, invece, il rischio che tra qualche mese si arrivi a una contrapposizione tra Renzi e Gentiloni non è escluso.

Ora, è vero che l’attuale premier non ha alcuna intenzione di conquistare la prima fila e mettersi a duellare con Renzi ma non sono le sue scelte in discussione. Più che il disegno di Gentiloni sta prendendo forma il disegno di altri nel Pd che lo vedono come il leader giusto per incarnare i nuovi tempi “dialoganti”. Quel suo stile minimal - che ha dato visibilità a ministri come Calenda o Minniti o Delrio - viene visto come una naturale predisposizione ad accogliere i contributi di tutti, qualità necessaria nei governi di coalizione che sono quelli che già si intravedono all’orizzonte. Sia che le alleanze siano strette che larghe. E, per esempio, quel colloquio di ieri tra il premier e Romano Prodi è stato letto come un altro segno di forte discontinuità rispetto al passato renziano che mai ha consultato il Professore dopo i vertici Ue. È probabile che i due non abbiano parlato solo di Bruxelles e Berlino, solo di manovra correttiva o di uno sforamento più corposo sul deficit e che si sia parlato anche di Consulta e di Renzi ma quel che è certo è che da tempo Prodi non entrava a Palazzo Chigi.

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