È andato in porto tra gli applausi della maggioranza pentastellata il primo bilancio dell’era Raggi, alla vigilia dell’interrogatorio della sindaca in procura per l’affaire nomine, slittato da ieri su richiesta del suo legale: in serata l’assemblea capitolina ha approvato il previsionale 2017-2019 con i 29 voti favorevoli dei consiglieri M5S e 15 contrari.
La manovra vale 5,38 miliardi e investimenti per 577,7 milioni nel triennio, 107 dei quali “aggiunti” con l’emendamento varato dalla giunta per accogliere i rilievi dei revisori dell’Oref, che a dicembre avevano clamorosamente bocciato la prima versione del bilancio. «Un risultato storico: Roma approva il bilancio prima di tante altre grandi città italiane», ha affermato Raggi, pensando innanzitutto a Milano. «Mi spiace solo dover evidenziare che nel loro caso non ho letto o sentito parlare di “rischio default” o di “commissariamento” del comune. Erano chiacchiere, il solito “tanto rumore per nulla”». Si prende la sua rivincita, la sindaca, insieme all’assessore Andrea Mazzillo. «Per fortuna ci sono i fatti a parlare per noi. La visione ce l’abbiamo ed è molto chiara. Roma riparte». Forte di circa 100 milioni di euro di debiti fuori bilancio, pagati grazie alla maratona di fine anno per impegnare al massimo i 137 milioni di spazi di finanza riconosciuti dal Mef per il 2016. E di nuovi spazi: 60 milioni previsti dalla legge di bilancio dello Stato 2017 e 15 concessi dal governo ai comuni che approvano il bilancio entro il 31 gennaio.
Tra le pieghe della manovra, che prevede entrate correnti per 4,64 miliardi e spese correnti per 4,67 miliardi, ci sono il taglio della Tari dell’1,6%, 28 milioni in più ai municipi rispetto al previsionale 2016, un’accetta di 40 milioni ai costi della macchina amministrativa, 62 milioni alla manutenzione urbana e soprattutto 430 milioni in tre anni di investimenti su trasporti e mobilità sostenibile (297 per la metro C). «Una città che taglia gli sprechi, solidale ed equa, in cui non aumentano le tasse», ha insistito Raggi. Crescono, a onor del vero, alcune tariffe dei servizi a domanda individuale contenute nella delibera “tariffone” modificata in Aula, come quelle su centri commerciali, sale slot e occupazione di suolo pubblico. Per un giorno, in Campidoglio - dove si è pure aperta la trattativa per il nuovo contratto decentrato dei 23mila dipendenti capitolini - le tensioni e i veleni sono parsi sopiti. È arrivato persino il plauso di altri parlamentari Cinque Stelle, come Laura Castelli e Giorgio Sorial: «La rivoluzione a Roma inizia anche da qui». Soprattutto, è tornato a commentare le vicende romane il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio: «Legalità, trasparenza, vera lotta agli sprechi e al malaffare. È così che finalmente la capitale riparte. Grazie al M5S di governo».
Gli occhi, anche in casa Cinque Stelle, sono comunque puntati sull’interrogatorio di Raggi davanti ai pm Paolo Ielo e Francesco Dall’Olio, che dovrebbe tenersi prima di venerdì. La sindaca, indagata per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico per la nomina alla direzione del dipartimento Turismo di Renato Marra, fratello dell’ex capo del Personale Raffaele, si difenderà appellandosi all’articolo 38, secondo comma, del Regolamento sull’ordinamento degli uffici di Roma Capitale, secondo cui «gli incarichi di direzione» sono «conferiti e revocati dal sindaco», senza obbligo di comparare curriculum e su proposta dell’assessore competente (Adriano Meloni, in questa vicenda). E in caso di rinvio a giudizio Grillo e Casaleggio intendono rispettare il codice etico: Raggi resterà al suo posto, nella speranza di tenere Roma fino al voto nazionale. Nonostante i mal di pancia degli ortodossi. Un primo assaggio del clima nella capitale - e della solidità della coabitazione tra i fedeli a Raggi e i critici vicini alla deputata Roberta Lombardi - si avrà domenica, quando si riuniranno i meetup romani. Certo è che i vertici M5S stanno usando il pugno duro con i dissidenti: ieri dal blog Grillo è partito all’attacco dei «traditori», annunciando il deferimento ai probiviri del consigliere regionale ligure Francesco Battistini. La sua colpa? Aver espresso solidarietà ai tre consiglieri comunali genovesi che hanno lasciato il Movimento.
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