Dopo due settimane di negoziato, il governo italiano ha inviato ieri qui a Bruxelles la risposta alla richiesta di informazioni della Commissione europea sull’andamento delle finanze pubbliche nel 2017. Misure vaghe e l’atteggiamento dilatorio dell’esecutivo rischiano di deludere le autorità comunitarie. Una prima opinione di Bruxelles emergerà indirettamente dalle stime economiche che la stessa Commissione deve pubblicare a metà febbraio.
La Commissione aveva chiesto a metà gennaio al governo Gentiloni ragguagli sull’andamento del deficit pubblico nel 2017 (si veda Il Sole 24 Ore del 18 gennaio). In quella occasione, aveva notato che secondo le sue proiezioni nel bilancio per quest’anno vi sarebbe uno scarto tra impegni e misure di circa lo 0,2% del Pil, pari più o meno a 3,4 miliardi di euro. Chiedendo nuove misure, Bruxelles aveva spiegato che in questo momento la Finanziaria italiana è in violazione del Patto di Stabilità.
Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, la Commissione europea valuterà le iniziative italiane sotto due punti di vista. Prima di tutto, vorrà capire se e quanto le misure potranno essere sufficienti per chiudere il buco dello 0,2% del Pil. Bruxelles si vuole mostrare comprensiva alla luce anche dei recenti terremoti che rischiano di aumentare la spesa e della situazione deflazionistica italiana che pesa sul debito; ma deve al tempo stesso assicurare l’applicazione del Patto agli occhi dei partner europei.
La scelta di effettuare l’aggiustamento in parte almeno con nuovi tagli alla spesa rischia di provocare dubbi a Bruxelles tenuto conto della tradizionale difficoltà del governo italiano ad agire sulle uscite. Anche l’idea di ridurre il deficit strutturale attraverso forme di lotta all’evasione potrebbe non piacere a tutta prima, tenuto conto dell’aleatorietà degli impegni. Il secondo punto di vista con il quale Bruxelles valuterà la risposta italiana è relativo alla tempistica.
Nella sua missiva, la Commissione aveva richiesto entro il 1° febbraio «un insieme di specifici impegni sufficientemente dettagliati» e «un chiaro calendario per la loro rapida adozione». La formulazione era stata il risultato di un compromesso tra le diverse anime di Bruxelles. Bisognerà capire quale sarà la reazione all’atteggiamento dilatorio del governo. Roma ha infatti rinviato decisioni formali al Documento economico e finanziario (Def) previsto in aprile.
Peraltro, le misure elencate sono vaghe, a differenza di quanto non chiedesse l’esecutivo comunitario nella sua richiesta di informazioni di metà gennaio. Infine, il governo sembra chiedere indirettamente ulteriore flessibilità di bilancio quando prevede nuove spese per un miliardo di euro a fronte delle recenti scosse di terremoto. Su questo versante, Bruxelles potrebbe essere comprensiva, se una analisi ex post dovesse in effetti dimostrare un aumento sensibile della spesa.
Il passaggio è cruciale perché dall’analisi della Commissione dipenderà l’apertura o meno contro l’Italia di una procedura per debito eccessivo. L’indebitamento italiano supera il 130% del Pil, e anziché diminuire ha continuato in questi anni ad aumentare. Dalle stime economiche, previste per il 13 febbraio, si capirà se le misure proposte dall’Italia saranno state abbastanza convincenti agli occhi dell’esecutivo comunitario. Un atteso rapporto sul debito dovrebbe seguire il 22 febbraio.
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