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Lo scontro sulla data del congresso e il bivio nel Pd tra contare e contarsi

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politica 2.0

Lo scontro sulla data del congresso e il bivio nel Pd tra contare e contarsi

Matteo Renzi. (Ansa)
Matteo Renzi. (Ansa)

Sui tempi del congresso si è aperto un fronte nel Pd nella logica del contarsi ma il tema è come tornare a contare. Nuova guerriglia nel Pd, questa volta non solo sul voto anticipato ma anche sulla data del congresso. Nel senso che anche se Renzi dovesse accettare le elezioni a scadenza naturale - nel febbraio 2018 - come gli chiedono in molti nel partito, lui preme per fare subito una nuova verifica chiamando al voto sul segretario iscritti e militanti. Una fetta dei Democratici, non si sa ancora quanto consistente, pensa invece – come ha dichiarato Bersani – che si debba andare dopo giugno o nell’autunno per preparare un congresso che spalancherà le porte al voto del prossimo anno. Per tutta la giornata di ieri - in vista della direzione di lunedì - c’è stato un botta e risposta tra chi accelerava, i renziani, e chi frenava mentre Gianni Cuperlo provava a mettere al centro il vero tema di questo congresso che è provare a ritrovare una sintonia con gli elettori di centro-sinistra.

Le ragioni dello scontro sul calendario – invece – sono di altra natura. E riguardano il contarsi più che tornare a contare. I fedelissimi di Renzi – e lo stesso leader – vogliono bruciare le tappe per arrivare già alle amministrative di giugno - ed eventualmente a un referendum sui voucher - con una rielezione in segreteria e una maggioranza in assemblea. Puntano sul fatto che ora non ci sono candidati forti quanto Renzi e soprattutto vogliono evitare un congresso dopo un appuntamento elettorale che potrebbe andare piuttosto male. Si voterà a Genova e a La Spezia, a Parma, a Taranto a l’Aquila, a Palermo: tutte realtà dove il Pd ha il fiato corto.

Secondo i calcoli degli avversari di Renzi, è dopo le amministrative il momento in cui si dovrà azzerare tutto e preparare le assise. Chiuse le urne e incassata una probabile sconfitta, è evidente che le armi del segretario sarebbero decisamente scariche e sarebbe più facile non solo la corsa di un candidato alternativo ma anche rimescolare le correnti. In particolare quella di cui si parla di più in questi giorni: l’asse Franceschini-Orlando. Un “corpaccione” che potrebbe ribaltare gli equilibri Pd e trascinare tutta la maggioranza sull’avversario di Renzi.

Dunque, giugno è diventato il nuovo tornante temporale nella lotta per la riconquista o riconferma della segreteria. Bruciare i tempi è un traguardo minimo per il leader Pd che pur perdendo la finestra del voto anticipato manterrebbe, però, la presa sul partito. Costringendo anche Franceschini-Orlando a scegliere – subito – da che parte stare.

Fin qui la conta interna ma c’è una sfida esterna di cui non si parla: riuscire a parlare con il proprio elettorato con una visione nuova, non con la semplice rivendicazione – come si sente fare dai renziani - di ricette che non hanno funzionato. Le opposizioni sono attrezzate con idee diverse o forse anche simili visto che perfino Forza Italia starebbe pensando a un reddito di cittadinanza come i 5 Stelle. E Salvini sventola la bandiera del no-euro e della lotta all’immigrazione. Sfugge quale sia l’idea forte del Pd,in tutte le sue correnti. Oltre lo slogan di occuparsi del disagio sociale, manca il come occuparsene.

E soprattutto manca un sostegno politico convinto a un Governo che sarà quello che si presenterà alle urne. Se il Pd non aiuta Gentiloni a portare risultati, difficile che un vecchio o un nuovo segretario possa parlare al Paese.

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