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Taglia-partecipate, l’avvio dei piani slitta al 30 giugno

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IL FOCUS

Taglia-partecipate, l’avvio dei piani slitta al 30 giugno

Cambia ancora il calendario del taglia-partecipate, e potrebbe non essere l’ultima volta. Il decreto correttivo sulla delega Pa, atteso oggi in consiglio dei ministri insieme a quelli su anti-assenteismo e direttori sanitari colloca al 30 giugno il termine, prima fissato al 23 giugno, entro cui le amministrazioni pubbliche devono decidere le società da chiudere sulla base dei parametri della riforma, che al momento non cambiano più di tanto. Sempre entro il 30 giugno le società controllate dovranno scrivere gli elenchi degli esuberi prodotto dalla razionalizzazione, in base alle modalità che saranno stabilite da un decreto del ministro del Lavoro scritto con Funzione pubblica ed Economia, e le nuove assunzioni si bloccheranno solo con l’emanazione del decreto. Si riaprono, poi, i termini (scaduti il 31 dicembre scorso) per l’adeguamento alle nuove regole degli Statuti delle società pubbliche. E sembrano allungarsi anche i tempi per l’avvio della riforma del pubblico impiego, che dovrebbe slittare alla prossima settimana anche per risolvere i nodi ancora aperti.

A diluire le tappe del taglia-partecipate non è il dibattito sulle privatizzazioni riacceso dai malumori del Pd, ma la necessità di gestire la sentenza di novembre della Corte costituzionale (la 251/2016) che ha bocciato le procedure seguite per i primi decreti attuativi imponendo di riscriverli. La bordata costituzionale ha reso aleatoria la scadenza del 23 marzo per i piani di razionalizzazione, che avrebbe costretto le Pa a decidere le alienazioni sulla base di criteri ancora in discussione: è circolata anche l’ipotesi alternativa di fissare i nuovi termini a tre mesi dall’entrata in vigore del decreto correttivo, e la decisione finale sarà presa oggi in consiglio dei ministri.

In ogni caso, non è detta l’ultima parola. Il nuovo decreto, come imposto dalla Consulta, deve ottenere «l’intesa» di Regioni ed enti locali, che torneranno a chiedere di rivedere i criteri abbassando a 500mila euro la soglia minima di fatturato che anche il nuovo provvedimento conferma a un milione di euro. Le Regioni hanno invece già ottenuto il «sì» a due loro richieste: i presidenti potranno escludere dalla riforma le partecipate che ritengono essenziali agli interessi pubblici, e la tagliola esclude, oltre alle finanziarie regionali, anche le loro partecipazioni. Quello di oggi sarà il via libera preliminare al nuovo provvedimento, che dovrà ricevere i pareri di Consiglio di Stato e commissioni parlamentari oltre all’ok degli enti territoriali prima di tornare in consiglio dei ministri per l’approvazione finale. Il governo punta a una consultazione rapida, ma i giorni a disposizione sono 90 e potrebbero portare fino a metà maggio, soprattutto se Regioni ed enti locali faranno pesare il loro via libera.

Lo stesso iter riguarda gli altri due decreti correttivi attesi oggi
, dove però i temi in discussione sono più leggeri. Il decreto sui direttori sanitari (come anticipato sul Sole 24 Ore dell’8 febbraio) depotenzia l’obbligo di scegliere i vertici della sanità all’interno della rosa proposta dalla commissione indipendente, eliminando la previsione che la rosa sia di 3-5 persone. Sugli assenteisti colti in flagrante viene confermato l’obbligo di sospensione in 48 ore e licenziamento in 30 giorni, mentre i ritocchi riguardano i termini per la denuncia alla Corte dei conti (si passa da 15 a 20 giorni) e per l’azione di responsabilità (da 120 giorni a 150). L’obiettivo rimane quello di cambiare ritmo ai controlli, che l’anno scorso hanno visto in tutta la Pa 280 licenziati (lo 0,009% dei dipendenti pubblici), di cui 100 per assenteismo.

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