Al solito sono i tassisti, e soprattutto le radiocentrali di taxi più forti, come il «3570» a Roma (3.700 taxi sui 7.700 della Capitale), a prendere l’iniziativa e a giocare in attacco quando si muove qualcosa nel delicato e complesso assetto normativo e regolatorio che governa il settore della mobilità collettiva urbana. Forti di una rappresentanza della categoria che arriva a toccare il 75% nelle grandi città e della capacità di mobilitare gli iscritti con manifestazioni e scioperi, come oggi, queste società/associazioni tengono sotto schiaffo le autorità nazionali e locali. E non sempre usano modi gentili: restano storici gli insulti e i cappi sventolati all’indirizzo di Francesco Rutelli e Walter Tocci quando cercarono - dopo anni di inerzia amministrativa - di aumentare le licenze, rivedere il sistema tariffario e imporre alcune innovazioni e alcuni controlli al settore.
È una sostanziale paralisi istituzionale e politica quella che si traduce in una rincorsa alle emergenze con l’approccio goffo di ridurre i disagi per i cittadini ma non è capace di esprimere un disegno di riforma complessivo che stia al passo con i tempi. Succede così che al Senato langue la delega che avrebbe dovuto affrontare una riorganizzazione organica del settore in chiave almeno parzialmente concorrenziale mentre il «milleproroghe» si incarica di sospendere ancora una volta la legge del 2009 che mette limiti al «noleggio con conducente» (Ncc). Un delicato e precario equilibrio che ha per unico risultato un’incertezza normativa generale e un sostanziale freno alle innovazioni tecnologiche - come le piattaforme digitali per l’acquisizione del traffico tipo Uber o Mytaxi - che in tutto il mondo stanno rivoluzionando la mobilità urbana.
Chi prova a intervenire in questa palude stagnante per introdurre elementi di novità sono Antitrust e Autorità di regolazione dei trasporti. L’Antitrust ha appena aperto, su segnalazione di Mytaxi (società controllata dal gruppo tedesco Daimler), due istruttorie per verificare se, a Roma e a Milano, siano restrittive della concorrenza le clauosle di esclusiva imposte dalle centrali radio ai tassisti che si avvalgono del loro servizio. Queste clausole - dice l’Antitrust - costituiscono infatti «la principale espressione di condotte delle società menzionate volte ad ostacolare, se non a impedire, l’utilizzo simultaneo da parte dei singoli tassisti di vari intermediari per la fornitura di servizi di raccolta e smistamento della domanda». Ove applicati a una percentuale maggioritaria di tassisti in un dato ambito territoriale «questi obblighi di non concorrenza appaiono idonei a impedire oostacolare l’ingresso nel mercato rilevante di nuovi operatori che offrono servizi innovativi di raccolta e smistamento della domanda senza alcuna previsione di esclusiva».
Il parere Antitrust mette in luce il punto-chiave che già l’Autorità di regolazione dei trasporti guidata da Andrea Camanzi aveva evidenziato in una segnalazione al Parlamento e al Governo del maggio 2015. In quell’occasione l’Art aveva trasmesso una vera e propria proposta di legge che puntava a «promuovere con una idonea regolazione lo sviluppo dell’offerta di una pluralità di servizi di autotrasporto di persone». Con tre fasce di servizi distinte per risposta alle abitudini di consumo degli utenti: il servizio pubblico di taxi, liberando anche i tassisti dai limiti all’esercizio di impresa e consentendo loro acquisire più licenze; i servizi commerciali degli Ncc con prezzi più alti e maggiore qualità; lo sviluppo di una sharing economy e di nuovi mercati a costi contenuti. Su tutti e tre i fronti - che dovrebbero mirare ad accrescere l’offerta di trasporto collettivo a scapito del trasporto individuale - l’utilizzo, regolato, delle piattaforme digitali che avvicinano domanda e offerta, disintermediano l’attuale servizio di radiotaxi, offrono servizi veloci e diretti, a costi ridotti.
Torna il punto-chiave: affermare che il titolare della licenza taxi o della autorizzazione Ncc possa acquisire liberamente corse offerte da qualunque radio-taxi o piattaforma tecnologica o app. Una disintermediazione - sostiene l’Art - che valorizzerebbe il ruolo del tassista e ridurrebbe il costo dell’acquisizione della corsa per lui e per gli utenti.
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