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I palazzi del potere nelle mire di Romeo

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I palazzi del potere nelle mire di Romeo

  • –Ivan Cimmarusti

La presunta scalata al governo dell’immobiliarista napoletano Alfredo Romeo aveva un obiettivo: scalzare la Cofely spa. Una società che a sua detta era tra le favorite per aggiudicarsi la gestione dei «servizi integrati» dei palazzi del “potere” della Capitale, grazie a una sospetta, o millantata, ingerenza di Denis Verdini.

Si tratta di un lotto della maxi commessa Fm4 da 2,7 miliardi di euro, bandita nel 2014 dalla centrale acquisti della Pubblica amministrazione e non ancora assegnata. In ballo ci sono i «servizi integrati, gestionali e operativi» di tutti gli edifici «adibiti prevalentemente a uso ufficio, in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni» ubicati nel Municipio I di Roma. Si tratta degli stessi servizi che il gruppo Romeo aveva curato a partire dal 2011, con l’aggiudicazione di lotti degli Fm2 ed Fm3 per alcune strutture pubbliche: Palazzo Madama, Palazzo Chigi, Palazzo delle Finanze, Palazzo del Viminale, Ministero della Giustizia (sede centrale di via Arenula) e Ministero dell’Istruzione, università e ricerca (sede centrale di viale Trastevere).

Stando al contenuto delle intercettazioni ambientali - captate dagli investigatori negli uffici di Romeo al centro direzionale Isola E4 di Napoli e di via di Pallacorda a Roma - l’imprenditore partenopeo voleva aggiudicarsi quel lotto dell’Fm4, anche se - a sua detta - era già sostanzialmente vinto dalla Cofely attraverso una presunta sponsorizzazione di Verdini. Per questo Romeo cerca un contatto, che trova nell’imprenditore di Scandicci Carlo Russo, intimo amico di Tiziano Renzi. Tutti questi particolari sono stati confermati nel corso dell’interrogatorio di fine gennaio da Marco Gasparri, il dirigente di Consip indagato in concorso con Romeo con l’accusa di corruzione.

Gasparri ha riferito al sostituto procuratore di Roma, Mario Palazzi, quanto raccontava lo stesso immobiliarista napoletano: per puntare a quel lotto era necessario l’intervento di qualcuno di influente. Romeo si vantava di essere arrivato a «Renzi» proprio attraverso Russo. Per questo sia Tiziano Renzi sia Russo sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di traffico illecito di influenze, in quanto avrebbero dovuto muovere pressioni sui vertici di Consip.

L’interrogatorio del padre dell’ex presidente del Consiglio è previsto per la settimana prossima. Ma intanto gli investigatori stanno cercando di verificare l’effettivo ruolo di Renzi. Di lui, infatti, si fanno solo alcuni presunti riferimenti nelle intercettazioni tra Romeo e Russo. Inoltre risultano anche alcuni “pizzini” su cui Romeo aveva trascritto il valore delle tangenti. In uno di questi è indicato come beneficiario tale «T», che secondo ipotesi investigative sarebbe Tiziano Renzi. La Procura di Roma sta mettendo in ordine tutto questo materiale acquisito, anche se allo stato non sarebbe escluso che il presunto traffico di influenze sia stato fatto da Russo per ingraziarsi Romeo, sfruttando il nome di Tiziano Renzi che dunque poteva anche non saperne niente.

La sospetta corruzione compiuta da Romeo, invece, troverebbe presunto riscontro nelle indagini già svolte dai magistrati di Napoli. Negli atti si legge che l’accertamento investigativo ha consentito di «acquisire un poderoso materiale investigativo ed elementi preziosi e utili per ricostruire quello che, senza esitazione alcuna, si può definire come il “sistema Romeo”, ispirato alla “corruzione” ovvero alla sistematica, abituale e seriale realizzazione di reati contro la Pubblica amministrazione».

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