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L’Italia e la concorrenza dimenticata

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L’Italia e la concorrenza dimenticata

La protesta dei tassisti ha tutte le sembianze di un romanzo d’appendice pubblicato con l’estenuante storia delle liberalizzazioni all’italiana: promesse, enfatizzate e poi (quasi sempre) sgonfiate. A otto anni dalla norma che imponeva l’obbligo di una legge annuale per la concorrenza e a sette dalla prima segnalazione dell’Antitrust a governo e Parlamento si può tracciare un bilancio. Non proprio confortante, intaccato da meline e marce indietro, rimandi a leggi deleghe rimaste delle pure cornici senza contenuto. I grandi interventi di sistema perlopiù hanno lasciato il posto a microinterventi di settore. Alcuni temi proposti all’epoca dall’Autorità garante, e poi rilanciati, sono stati praticamente ignorati dal legislatore (concessioni limitate per porti, aeroporti e autostrade, legami tra consiglieri d’amministrazione nella finanza), altri sono stati affrontati in modo parziale (servizi pubblici locali, poste-tlc, professioni). E il disegno di legge concorrenza, che 22 mesi dopo l’approdo in Parlamento, dovrebbe riprendere il cammino al Senato all’inizio di marzo sposterà di poco gli equilibri.

Esattamente un anno fa, pochi giorni prima che il Ddl fosse adottato dal consiglio dei ministri, nel suo “Studio economico sull’Italia” l’Ocse stimava che un aumento significativo della concorrenza nei settori strategici avrebbe portato a un aumento di 2,6 di Pil in cinque anni. Per capirci, in quelle stime, quattro volte più del Jobs Act. Commentando ieri la protesta dei tassisti, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ha mitigato le ambizioni dei numeri con la realtà: «Aumentare la concorrenza nel settore dei servizi aumenta la capacità di crescita, certamente va fatto garantendo una transizione soffice, dolce, ai settori coinvolti». E, in un certo senso, proprio il temperato uso delle liberalizzazioni di questi anni può spiegare la distanza dalle raccomandazioni dell’Antitrust, un parametro oggettivo per tirare qualche conclusione.

Concessioni, Cda e Poste
Prendiamo a riferimento la segnalazione dell’Authority del 2010. In sette anni non si è provveduto a regolare rigidamente la durata delle concessioni dei servizi autostradali e aeroportuali per privilegiare le gare e superare la barriera del monopolio naturale. Non sono stati varati principi per frenare la diffusa presenza di «interlocking directorates», gli intrecci tra amministratori e consiglieri di cda in differenti società; i collegamenti obbligati finanziamenti-mutui sono stati solo smorzati.
Merita un capitolo a parte il settore postale, nel quale le accortezze governative sono state orientate a non penalizzare il processo di privatizzazione di Poste. Di qui la scelta di non forzare con la separazione societaria del Bancoposta (che ha già un patrimonio separato) né di accogliere le richieste di rivedere l’accesso alla rete postale e il perimetro del servizio universale. Il Ddl concorrenza prevede solo lo stop, dal 10 giugno prossimo, della riserva a Poste sulla notifica di multe e atti giudiziari.

Spl, Professioni ed energia
Non sono stati previsti “premi”, in termini di risorse pubbliche, per le amministrazioni regionali che aprono ad affidamenti alternativi a Fs. E sembra davvero un
dejà vu da inquadrare nel più generale fallimento dei ripetuti tentativi di riforma dei servizi pubblici locali, l’ultimo dei quali sancito dalla sentenza 251 di novembre della Corte costituzionale che si è abbattuta sulla riforma Madia. Lo stesso sbandierato taglio delle partecipate , da 8mila a mille per sgonfiare la bolla del capitalismo locale, è ora condizionato a un’intesa difficile con le amministrazioni. Quasi antica quasi quanto questa è la partita sulle farmacie: la mancata liberalizzazione dei farmaci di fascia C con obbligo di ricetta ha spaccato a più ripresa ministri (celebre lo scontro Guidi-Lorenzin) e parlamentari.
Poi ci sono le professioni, un caso da manuale. Sui notai, seppure a fatica, ci sono state aperture su pianta organica e sedi. Si è perso qualche braccio di ferro sull’apertura di alcuni servizi agli avvocati, ad esempio sulla compravendita di piccoli immobili non residenziali. Gli stessi avvocati - segnala il Servizio studi del Senato - restano però al centro di altre proposte non ancora accolte, come l’abrogazione dei parametri per i compensi professionali. Gas ed elettricità sono tra i settori in cui si è fatto probabilmente di più, ma le fatiche delle offerte libere hanno indotto ora a pianificare ex lege la chiusura del mercato tutelato dal 1° luglio 2018. Le stesse gare per la distribuzione del gas rischiano di diventare un tormentone: c’è ancora da mettere mano alle regole sui rimborsi che i nuovi gestori devono corrispondere ai titolari delle concessioni. Le segnalazioni dell’Antitrust per la liberalizzazione della vendita di prodotti «non oil» attraverso la rete carburanti sono state parzialmente seguite. Ma si sono progressivamente impantanate nell’abrasiva concorrenza tra Stato e Regioni.

I veti preventivi
Un documento in possesso del Sole 24 Ore, titolato «Temi per Ddl concorrenza» preparato a suo tempo dal ministero dello Sviluppo, dimostra come dopo le ambizioni iniziali si è spesso costretti a battere rapidamente in ritirata, soprattutto se si opta per un Ddl tremendamente più difficile da gestire in Parlamento rispetto a un decreto. Quel documento parlava tra l’altro di «vietare il passaggio dei vertici tra banche e fondazioni». Ma anche di gare certe per aeroporti e autostrade, «trasformare l’attuale numero massimo di farmacie in numero minimo», «imporre la dismissione delle partecipazioni di maggioranza delle Autorità portuali nelle imprese portuali», «abrogare i parametri per il compenso» per gli avvocati, eliminare casi di “illecita concorrenza” tra notai perseguibili con sanzioni disciplinari. Lo stesso documento profetizzava, caso per caso, gli ostacoli che avrebbero poi portato allo stralcio: le proteste di farmacisti e professionisti, le obiezioni tecniche del ministero della Giustizia, l’opportunità di raccordo normativo con precedenti disegni di legge di fatto già archiviati.
Un documento a futura memoria, semmai si troverà il coraggio di usare la sciabola e non il fioretto.

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