Non c’è solo la richiesta esplicita di misure strutturali per lo 0,2% del Pil da adottare entro aprile nella Relazione sul debito pubblico giunta mercoledì da Bruxelles. Nel documento, che segnala tutti i rischi di non conformità dell’Italia alle regole del braccio preventivo e che potrebbero portare all’avvio di una procedura per disavanzo eccessivo, si solleva anche un primo dubbio sull’effettivo utilizzo dell’intera flessibilità concessa ex ante, per il 2016, in virtù della cosiddetta clausola per gli investimenti (0,25% di Pil; circa 4,2 miliardi).
Dato che secondo le previsioni invernali dell’Unione europea (winter forecast) la spesa complessiva per investimenti pubblici dell’anno scorso è calata dell’1,8% rispetto al 2015, per i tecnici brussellesi sembrerebbe incoerente immaginare che la clausola sia stata utilizzata a pieno. La verifica ex post si farà sulla base dei dati di finanza pubblica che Eurostat darà il 24 aprile ma, a quel punto, lo stesso Governo con il Def potrebbe dare una sua ricostruzione sugli investimenti effettuati in virtù della clausola e sul flusso di spesa effettivamente eseguito nel 2016 anche sulla base della lista di investimenti co-finanziati inviata a suo tempo all’Ue; una lista sulla quale non è stata fatta molta pubblicità.
La clausola di flessibilità per gli investimenti definisce criteri di eleggibilità per gli interventi in co-finanziamento ma pone anche un vincolo preciso: nell’anno in cui viene utilizzato questo maggiore spazio fiscale la spesa per investimenti pubblici nel suo aggregato non deve essere inferiore a quella sostenuta l’anno precedente. Cosa che, stando appunto alle stime europee attuali, non si sarebbe verificata.
Istat mercoledì prossimo, 1° marzo, pubblicherà la prima stima sul Pil 2016 con il conto delle amministrazioni pubbliche che contiene un primo dato (non considerato ancora valido in Europa) anche sulla spesa per investimenti, un dato provvisorio che verrà consolidato il 31 marzo, quando l’Istituto nazionale di statistica invierà ad Eurostat il quadro di contabilità nazionale. Questi ultimi numeri, dopo la consueta validazione congiunta, verranno utilizzati per la pubblicazione del 24 aprile su cui la Commissione basa, appunto, le sue verifiche ex post. Il 31 marzo, infine, con i dati trimestrali Istat pubblicherà anche una tabella sui conti annuali che pure contiene il dato sulla spesa per investimenti e che, ovviamente, farà da riferimento per il Mef per la stesura del Documento di economia e finanza per l’anno venturo.
Calendario alla mano, dunque, una prima risposta statistica al dubbio europeo potrebbe arrivare già la prossima settimana, negli stessi giorni in cui i tecnici del Mef e di Palazzo Chigi potrebbero definire le opzioni sul fronte delle maggiori entrate e delle minori spese che andranno a comporre la manovra correttiva. Ma si tratterà, appunto, di primi dati tutti provvisori e da confermare.
Nella Relazione sul debito, come nel country report allegato, si sottolinea la debole capacità del nostro Paese sul fronte della «formazione lorda di capitale fisso dello Stato». Nel periodo ’99-2010 la spesa per investimenti ha oscillato attorno al 3% del Pil ma con lo scoppio della crisi dei debiti sovrani le priorità sono cambiate e il livello è sceso al 2,3% (2011-2014).
Nel 2015 gli investimenti si sono stabilizzati al 2,2% del Pil (+0,2% sul 2014) mentre l’anno successivo sarebbero appunto scesi dell’1,8%. Sempre secondo le previsioni del winter forecast nel 2017 si tornerebbe a salire dell’1,7 per cento.
La conclusione provvisoria cui si giunge alla luce di questi dati è secca: «Visto che gli investimenti pubblici sono fortemente diminuiti negli anni, la loro evoluzione non pare essere una circostanza attenuante per giustificare la non conformità dell’Italia alla regole del debito». Come detto il Governo potrebbe dare una risposta a queste prime posizioni critiche nel prossimo Def. Ma potrebbe farlo anche prima, magari in anticipo sul varo delle correzioni strutturali attese entro aprile.
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