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Il grande ballo attorno al «bando»

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il commento

Il grande ballo attorno al «bando»

È evidente che siamo di fronte ad un caso di prima grandezza, sia giudiziario che politico. Perché il ballo che si è consumato intorno al bando per un appalto da 2,7 miliardi (una gara per le pulizie nelle scuole italiane con l'importo più rilevante mai indetta in Europa, notano i magistrati) è di quelli che non passano inosservati.

La Consip è una società del Ministero dell’Economia che lavora al servizio esclusivo della Pubblica Amministrazione. Attorno ad essa si sarebbero scatenati appetiti e manovre che chiamano in causa, a vario titolo, vecchie conoscenze (l’imprenditore Alfredo Romeo e il politico ex stretto collaboratore di Gianfranco Fini, Italo Bocchino) e i newcomers, i nuovi venuti dell’era renziana.

Nomi di peso (il primo è quello di Tiziano Renzi, padre di Matteo) tutti o quasi appartenenti alla geopolitica toscana del potere localizzata attorno alla figura dell’ex premier Renzi. A partire da Luca Lotti, oggi ministro dello sport con le deleghe strategiche per il Cipe e l’Editoria e da sempre braccio destro di Matteo, e dall’ad di Consip Luigi Marroni, già capo della Asl di Firenze quando il sindaco era Matteo Renzi. Ed é proprio Marroni che oggi accusa Tiziano Renzi, il politico toscano leader di Ala, Denis Verdini (ieri condannato in primo grado a 9 anni per il crac del Credito Cooperativo fiorentino) e l’imprenditore Carlo Russo di aver subito pressioni e ricatti. Con Tiziano Renzi che smentisce ogni coinvolgimento e ogni ipotesi di corruzione. Sul terreno giudiziario, mentre i soliti «facilitatori» e i nuovi «prototipatori» di bandi d’appalto le rivelazioni si accavallano, si può dire poco.
L'inchiesta appare meticolosa e c'è da augurarsi che accerti le eventualità responsabilità nel minore tempo possibile. Fino in fondo, senza lasciare dubbi di sorta, con l'attenzione massima anche a ogni singolo dettaglio e separando i fatti dalle ombre. La posta in gioco non necessita di particolari presentazioni: è semplicemente altissima.

Sul piano politico è altrettanto evidente che su un binario parallelo a quello giudiziario corre un treno carico di incognite. La prima riguarda Matteo Renzi, impegnato ora nella riconquista della leadership del Pd e della candidatura a premier alle prossime elezioni. Dovessero essere confermate le prime ipotesi dei magistrati, un'inchiesta del genere, al di là dei problemi personali e familiari, potrebbe mettere a nudo un profilo del renzismo completamente diverso da quello promesso dopo l'ascesa alla segreteria del Pd e la conquista di Palazzo Chigi. La nuova “generazione Telemaco”? La rottamazione, il cambiamento rapido contro i conservatorismi di sinistra e destra? Tutto finirebbe arenato sulle secche di un altro pragmatismo, quello che s'affanna, tra poteri vecchi e nuovi che s'incrociano, su un maxi bando d'appalto di una grande società pubblica nata per mettere ordine su una materia da sempre incandescente e per far risparmiare, in ultima analisi, lo Stato. La seconda incognita chiama in causa l'Esecutivo Gentiloni, di continuità politica con quello Renzi che l'ha preceduto, in un momento tra i più delicati. Questo sta discutendo con l'Europa –molto oltre la famosa correzione di bilancio dello 0,2% del Pil- il profilo di una politica economica riformista che sottragga il Paese a un destino di bassa crescita e di alto debito. Di più. Sono in vista tra poche settimane le celebrazioni nella Capitale per ricordare i sessanta anni del Trattato di Roma e per discutere di una nuova Europa possibile. A fine maggio l'Italia ospiterà il vertice del G7 dopo le scosse di Brexit e di Donald Trump al timone degli Stati Uniti.
Gli sviluppi del caso Consip sono imprevedibili. Per l'intanto, mentre i magistrati esercitano il loro mestiere, l'unica bussola che non va persa è quella, generale, della governabilità. Se balla anche questa il danno sarebbe comunque enorme.

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