Risarcimenti lunghi da ottenere e responsabilità penali non semplici da provare. Le norme in materia di omicidio e lesioni personali stradali hanno certamente costituito una significativa novità per il nostro sistema penale e l’esigenza sociale di contrastare con fermezza il fenomeno delle morti su strada, è giustamente meritevole di tutela: tuttavia, anche dalle prime esperienze applicative, si ha la netta impressione che il nuovo apparato normativo abbia ecceduto, soprattutto in alcuni passaggi, nel rendere omaggio all’emotività e al diritto penale “simbolico”, a discapito dei principi fondamentali su cui si basa la responsabilità penale nel nostro ordinamento.
Non sembrano, paradossalmente, adeguatamente tutelate anche le aspettative risarcitorie delle vittime, dato che i sensibili aumenti di pena previsti dalle recenti disposizioni – che dipendono da accertamenti tecnici e biologici da effettuare con rigore, e rispetto del diritto di difesa, per verificare le condizioni fisiologiche dell’autore dell’incidente, oppure eventuali concause dello stesso - non incoraggiano certo gli imputati a optare per riti alternativi deflattivi – quali il patteggiamento o il giudizio abbreviato – favorendo invece epiloghi dibattimentali destinati ad aumentare fisiologicamente i tempi necessari per avere una sentenza definitiva: che costituisce l’antecedente necessario - logico e processuale – all’effettivo indennizzo del danneggiato o, in caso di morte, degli eredi.
I nuovi articoli 589 bis (omicidio stradale) e 590 bis (lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale disegnano fattispecie delittuose identiche, caratterizzate da una serie di eterogenee ipotesi aggravate: che – al di là dei sensibili innalzamenti di pena ivi articolatamente previsti in relazione alle condizioni fisiologiche del conducente, oppure della sua condotta di guida - non configurano distinti reati, ma circostanze aggravanti autonome ad effetto speciale.
La conseguenza di tale scelta legislativa è piuttosto rilevante, dato che, ex articolo 590 quater del Codice penale, il giudice subisce una rigida deroga alla sua discrezionalità nella determinazione della pena in virtù del divieto di concessione delle attenuanti (al di fuori di quelle della minore età del reo, o del suo contributo minimo alla verificazione dell’incidente) in regime di prevalenza o equivalenza.
L’elemento soggettivo dei nuovi reati è la colpa, la cui intensità è graduata dal legislatore su base presuntiva e predeterminata - con l’evidente obiettivo di ridurre ai minimi la discrezionalità del giudice, in urto con le fondamenta del nostro sistema penale - in relazione ad alcune caratteristiche della sua condotta di guida.
L’ipotesi base è quella contenuta nel I comma degli articoli 589 bis e 590 bis, che ricalca le vecchie disposizioni - anche in termini di pene – sanzionando chiunque cagiona con violazione “generica” delle norme sulla circolazione stradale la morte o lesioni personali stradali gravi e gravissime di una persona.
Lo scenario sanzionatorio cambia radicalmente nei casi di omicidio e lesioni personali stradali commesse da conducente con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, oppure in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (da 8 a 12 per l’omicidio, da 3 a 5 a anni per le lesioni gravi, da 4 a 7 anni per le gravissime). Identiche sanzioni si applicano ai conducenti “professionali” - di cui all’articolo 186 bis, comma I, lettera b), c) e d) del Codice della strada - nei casi di tasso alcolemico oscillante tra 0,8 l/g e 1,5 l/g.
Scendono di poco le sanzioni per chi cagiona la morte di una persona – oppure lesioni gravi o gravissime - ponendosi al volante con un tasso alcolemico oscillante tra 0,8 l/g e 1,5 l/g: da 5 a 10 anni per l’omicidio, da 1 anno e 6 mesi a 3 anni per le lesioni gravi, e da 2 a 4 anni per le gravissime.
Le stessa pene si applicano al conducente di un veicolo a motore che causi la morte di una persona, o sue lesioni gravi o gravissime:
■ procedendo in un centro urbano a una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, o su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita;
■ attraversando un’intersezione con il semaforo rosso o circolando contromano;
■ effettuando una manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua.
Per entrambe le fattispecie, la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, o nel caso in cui il veicolo sia di proprietà dell’autore del fatto e sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria. I termini di prescrizione sono in ogni caso raddoppiati. Il penultimo comma di entrambe le disposizioni in esame prevede una diminuzione della pena «fino alla metà» qualora «l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole».
Appare di tutta evidenza la fondamentale importanza che questa attenuante avrà per l’applicazione pratica delle nuove norme sulla libertà personale degli imputati, dato che la concessione della stessa potrà cambiare radicalmente il trattamento sanzionatorio.
Ne consegue che la regola base - sin dalle prime battute di un’inchiesta per omicidio o lesioni stradali - dovrà diventare la ricostruzione esaustiva e rigorosa della dinamica dell’incidente, riservando particolare attenzione anche allo stato dei luoghi dove lo stesso si è verificato.
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