I lavoratori precoci che quest’anno vogliono approfittare dell’uscita anticipata (di un anno e dieci mesi se uomini e di soli 10 mesi se donne) e i dipendenti o gli autonomi che vogliono accedere all’Ape sociale dovranno presentare la loro domanda all’Inpstra il 1° maggio e il 30 giugno. È quanto hanno spiegato ieri ai sindacati i tecnici governativi impegnati nell’implementazione del “pacchetto previdenza” previsto nell’ultima legge di Bilancio. Le misure attuative, com’è noto, passano per tre decreti del presidente del Consiglio e un decreto ministeriale del Lavoro. Per il 2018 precoci e “apisti social” dovranno presentare invece domanda entro la fine del mese di marzo.
La finestra unica, che non è molto gradita ai sindacati, servirebbe per garantire il monitoraggio sui flussi di uscita innescati da questi due canali di anticipo che contano su finanziamenti, rispettivamente, per 360 e 300 milioni nel primo anno di applicazione. La spesa sarà gestita dall’Inps con un meccanismo a “rubinetto” su platee ipotizzate per circa 25mila lavoratori precoci e 35mila “apisti social”, sempre nel primo anno di applicazione.
«Restiamo impegnati a rispettare il debutto dei nuovi strumenti il 1° maggio - ha dichiarato al Sole 24 Ore Marco Leonardi, coordinatore delle policy unit di palazzo Chigi - e proprio per questo vogliamo restare in linea con i tetti di spesa e le platee previste nella norma. Allargare ora le maglie ci farebbe correre il rischio di una bocciatura dei Dpcm da parte del Consiglio di Stato e della Corte dei conti». I Dpcm, secondo la tabella di marcia del Governo, dovrebbero andare in Consiglio dei ministri entro la prossima settimana o al più tardi entro la successiva.
La posizione dell’Esecutivo tuttavia non ha convinto del tutto i sindacati, preoccupati sia di una interpretazione troppo restrittiva delle categorie di lavoratori che potranno accedere agli anticipi pensionistici, sia dei tempi di pubblicazione dei decreti. «Diciamolo con chiarezza - ha affermato Domenico Proietti, segretario confederale Uil - qui si sta rischiando di arrivare lunghi sulla scadenza di maggio, e anche sui settori non ci troviamo del tutto d’accordo, alcune categorie rischiano di essere penalizzate». Un punto di vista analogo a quello di Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl, secondo il quale «dobbiamo evitare che una interpretazione troppo restrittiva della Legge di bilancio finisca per limitare la portata innovativa dell’intesa del 28 settembre». Critica anche la Cgil che, pure, ha parlato di un incontro utile: «le risposte sono state su molti punti del tutto insufficienti. Bisogna approvare presto i decreti, su cui esprimeremo un giudizio compiuto» ha affermato Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil.
Il prossimo tavolo di confronto è fissato per giovedì, alla presenza anche dei segretari generali e del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Si parlerà, oltre che di Ape, anche di “fase 2” con un occhio attento soprattutto al possibile taglio del cuneo fiscale e contributivo con l’eventuale attivazione di una pensione minima di garanzia per i lavoratori con carriere discontinue. «Giovedì apriremo anche un confronto sui temi della separazione della previdenza dall’assistenza e su quello dei diversi metodi di calcolo dell’aspettativa di vita a seconda delle mansioni lavorative» ha anticipato Leonardi. Nei prossimi giorni dovrebbero arrivare novità anche sulle convenzioni con Abi e Ania sui costi di finanziamenti de prestito per l’Ape volontaria.
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