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«Confindustria ponte fra imprese e Paese»

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«Confindustria ponte fra imprese e Paese»

  • –Nicoletta Picchio

Una Confindustria che sia ponte tra gli interessi delle imprese e quelli del paese. Contraria ad ogni forma di consociativismo o corporativismo, equidistante dai partiti. C’è ancora un altro aspetto che Vincenzo Boccia ha messo in evidenza, nella Lecture che ha tenuto ieri nell’aula magna della Luiss, al Graduation day della School of Government: il senso di comunità che esprime Confindustria, che si concretizza nel rappresentare interessi collettivi, per «una società aperta e che include».

Davanti al presidente di Confindustria c’è una platea di ragazzi e di docenti: «Voi siete una comunità, in questo luogo della contaminazione culturale». La futura classe dirigente, in «una società complessa dove i fattori della produzione - ha sottolineato Boccia - sono quattro, capitale, lavoro, conoscenza e informazione».

È la prima volta che un presidente di Confindustria è invitato a tenere una Lecture in occasione del Graduation day. “Imprese e politica: quale rapporto in Italia” è il tema. Boccia lo declina sin dai primi passaggi del suo intervento: «Confindustria fa politica, equidistante dai partiti, ma fa politica». Affermazione che «indica impegnarsi per un’idea di società del futuro. È troppo importante per lasciarla solo alla politica, dobbiamo lavorare perché anche i corpi intermedi possano avere un’idea di paese ed esprimerla».

Sono valori che esistono nel dna di Confindustria, da sempre. Boccia li ha ripercorsi leggendo un documento del 2012, preparato per le Assise di Bergamo, che organizzò da numero uno della Piccola industria, con la presidente di allora, Emma Marcegaglia, ieri pomeriggio sul palco nel ruolo di presidente della Luiss. «L’ho ricercato proprio per questa occasione», ha detto rivolgendosi alla Marcegaglia.

Comunità, impegno a non difendere interessi corporativi ma rappresentare quelli collettivi, no ai monopoli, la scelta di essere equidistante dai partiti ma non dalla politica: «Confindustria fa politica quando indica una sua idea di politica economica». I corpi intermedi, ha aggiunto, devono contribuire con proprie proposte, «nel ruolo di essere ponte tra gli interessi del paese e quelli delle imprese», ha continuato Boccia, citando i principi della riforma Pesenti. Nella convinzione che «da soli possiamo fare tanto, ma da soli non ce la faremo».

Prima dell’euro, ha ricordato, si poteva ricorrere alla svalutazione. Oggi occorre costruire un intervento organico di politica economica che consenta al paese di crescere: «non chiediamo scambi alla politica, ma di intervenire sui nodi di sviluppo». È solo la crescita che «può far superare disuguaglianze e povertà», ha sottolineato il presidente di Confindustria.

«Vogliamo confrontarci su un’agenda di politica economica di medio termine», ha aggiunto, rilanciando «la questione industriale come grande questione nazionale», la questione europea e di come si possa rispondere ai neo protezionismi. «La Ue è il più grande mercato aggregato, ma non riesce a generare shock positivi. Li subisce. Occorre una reazione di dignità», ha insistito il presidente di Confindustria. Rilanciando, davanti ai ragazzi, una sua proposta a favore dell’inclusione dei giovani: «Invece che ridurre il cuneo fiscale per tutti quelli che sono in fabbrica, azzeriamolo per i giovani fuori dalle fabbriche. È una proposta che può sembrare contro i nostri associati nel breve termine, ma nel lungo termine è un’idea di politica economica, non corporativa». Pronunciare queste parole in un’università come la Luiss, ha concluso, «è una grande dimensione di ottimismo. Ci fa dire che le difficoltà esistono, ma siamo sulla strada giusta».

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