
Le benedizioni pasquali negli istituti pubblici, se fuori dall’orario scolastico e facoltative, sono legittime. Né più né meno di altre attività 'parascolastiche'
culturali, sportive o ricreative proposte agli alunni. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso del ministero dell’Istruzione e ribaltando la decisione del Tar Emilia-Romagna, che aveva annullato la delibera con cui un consiglio di istituto di Bologna le aveva autorizzate, nel 2015.
Consiglio Stato: benedizioni a scuola legittime
La polemica sulle benedizioni pasquali, finita anche sul New York Times, nacque dal ricorso presentato da alcuni docenti e genitori dell’istituto comprensivo 20 di Bologna e dal comitato “Scuola e costituzione”. In primo grado il tribunale amministrativo aveva accolto le loro ragioni, un anno fa, dicendo che la scuola non poteva essere coinvolta in un rito attinente unicamente alla sfera individuale di ciascuno. Ora però la sesta sezione del Consiglio di Stato, all’esito dell’udienza del 20 dicembre afferma che le benedizioni non incidono sulla vita scolastica.
«Rito celebrabile fuori da orario scolastico»
Secondo i giudici il rito, per chi intende praticarlo, «ha senso in quanto celebrato in un luogo determinato, mentre non avrebbe senso (o, comunque, il medesimo senso) se celebrato altrove; e ciò spiega il motivo per cui possa chiedersi che esso si svolga nelle scuole, alla presenza di chi vi acconsente e fuori dall’orario scolastico, senza che ciò possa minimamente ledere, neppure indirettamente, il pensiero o il sentimento, religioso o no, di chiunque altro che, pur appartenente alla medesima comunità, non condivida quel medesimo pensiero e che dunque, non partecipando all’evento, non possa in alcun senso sentirsi leso da esso».
«Non attribuibile valenza negativa a natura religiosa di un’attività»
«C'è da chiedersi - prosegue la sentenza - come sia possibile che un (minimo) impiego di tempo sottratto alle ordinarie e le attività scolastiche, sia del tutto legittimo o tollerabile se rivolto a consentire la partecipazione degli studenti» ad attività culturali, sportive o ricreative «mentre si trasformi, invece, in un non consentito dispendio di tempo se relativo ad un evento di natura religiosa, oltretutto rigorosamente al di fuori dell'orario scolastico». I giudici aggiungono quindi che «per un elementare principio di non discriminazione, non può attribuirsi alla natura religiosa di un'attività, una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa, mentre, se non avesse tale carattere, sarebbe ritenuta ammissibile e legittima».
Insegnante: ricorreremo a Corte Europea
Argomentazioni che non hanno convinto i ricorrenti. «Non siamo ovviamente soddisfatti di questa sentenza. Crediamo che la scuola debba essere laica esattamente come lo è lo Stato. Ricorreremo alla Corte di giustizia europea. In ogni caso questa sentenza stabilisce un principio estremamente importante: non si possono fare benedizioni durante l’orario scolastico». È il commento alla decisione del Consiglio di Stato di Monica Fontanelli, una delle insegnanti che aveva presentato il ricorso al Tar contro la delibera del consiglio dell’istituto. Mentre di «sentenza dal sapore politico» parla l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), che sottolinea come la scuola «non è un luogo deputato a benedizioni o ad altre attività di tipo religioso, le quali si configurano dunque come indebite ingerenze, che siano in orario scolastico o extrascolastico».
Diocesi: decisione rispetta laicità
Di decisione «saggia, equilibrata e rispettosa della vera laicità della scuola, che non può mai essere contro qualcuno» parla invece la diocesi di Bologna guidata dall'arcivescovo Matteo Zuppi.
© Riproduzione riservata