Torna l'incertezza per l'economia italiana. Nonostante i segnali di risveglio per il 2017, tra un anno si potrebbe riaffacciare lo spettro della stagnazione. Le previsioni poco rassicuranti per la ripresa del nostro Paese arrivano da Cernobbio per il forum organizzato da Confcommercio. Che prevede per quest'anno una crescita del Pil all'1,1%, ma un arretramento nel 2018 quando l'aumento si fermerà a un +0,8 per cento. «Quando finirà il cortisone del Qe di Draghi potrebbero riemergere tutte le debolezze del sistema italiano, con il rischio di far tornare l'Italia in stagnazione», ha spiegato Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, all'apertura del Forum, che chiede un taglio delle tasse generalizzato, senza toccare l'Iva, e l'abbandono degli interventi spot e dei bonus.
Le previsioni economiche
La Confcommercio nel suo consueto report sulle previsioni economiche messo a punto dall'ufficio studi di Mariano Bella conserva per l'anno in corso un pizzico di ottimismo con la crescita all'1,1%. Ma per il prossimo anno ci sono invece i presupposti per tornare ad una fase di nuova pericolosa stagnazione, tanto che l'Italia scende all'ultimo posto nella classifica della crescita dei Paesi Ue. A pesare c'è innanzitutto il venir meno del quantitative easing della Bce, la variabile politica dei vari appuntamenti con le urne (compresa l'Italia) che potrebbe rallentare gli investimenti e la necessità di disinnescare le clausole di salvaguardia da 19 miliardi per non far aumentare l'Iva che saranno – secondo Confcommercio – coperte con nuovo deficit. In calo anche i consumi (+0,8 nel 2017 e + 0,7% nel 2018) dopo la mini fiammata del 2016 (+1,4%). Per Sangalli la «strada obbligata» per esorcizzare lo spettro della stagnazione è una sola: «Ridurre in modo certo e generalizzato il carico fiscale su famiglie e imprese agendo sulle aliquote Irpef». Bene dunque anche la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, «ma non a scapito di una maggiorazione dell'Iva».
Continua il peso del credit crunch
Tra le debolezze endemiche del sistema sottolineate da Confcommercio quest'anno c'è quella del credito mancato alle imprese. Il credit crunch continua infatti a colpire le aziende, soprattutto quelle più piccole. Dal 2011 al 2016 le imprese hanno perso 120 miliardi di credito. A rendere difficile il credito è anche il fatto che l'Italia continua a essere un Paese bancocentrico: solo il 27% delle fonti finanziarie arriva da canali non bancari (azioni, obbligazioni, ecc.). Confcommercio segnala anche il passo negativo dell'abolizione dei voucher. Mentre sul rischio che nuov dazi rallentino il commercio internazionale Sangalli avverte: «Da eredi della tradizione dei mercanti italiani e di Marco Polo crediamo fortemente nella libertà di commercio e nella forza della qualità del made in Italy. I dazi rappresentano un grave danno tanto per chi li impone quanto per chi li subisce».
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