Se rispettati alla lettera, gli impegni programmatici che il Governo si appresta a inserire nel Def comporterebbero in autunno una manovra correttiva sui saldi di finanza pubblica non inferiore ai 10 miliardi. Stando alle indicazioni fornite dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan al vice presidente della commissione europea Valdis Dombrovskis e al commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, nel 2018 il deficit strutturale dovrebbe ridursi dello 0,6% del Pil. Se con un semplice calcolo aritmetico si sommasse tale cifra alle risorse compensative che dovranno essere individuate per disinnescare le clausole di salvaguardia (19,6 miliardi sotto forma di aumenti di Iva e accise) si raggiungerebbe sulla carta l’astronomica cifra di circa 30 miliardi. In realtà, poiché Bruxelles nelle sue ultime previsioni sui nostri conti pubblici non incorpora l’aumento dell'Iva, con la motivazione che finora è stata seguita questa strada e che il Governo intende perseguirla anche per il 2018, la linea del Governo è che almeno in parte l’aggiustamento strutturale richiesto servirà a finanziare la totale o parziale disattivazione delle clausole.
Nel complesso, pare evidente che la vera partita non la si giocherà con il Def e la manovra correttiva da 3,4 miliardi in arrivo, ma tra settembre e ottobre. Una partita da giocare su due fronti, altrettanto impegnativi e con esiti per nulla scontati: il nuovo round negoziale con la Commissione Ue sul duplice versante del debito e del deficit, e il confronto politico interno. Al momento, i due fronti, peraltro strettamente interdipendenti, sono sospesi. A fronte di un obiettivo di deficit nominale nei dintorni dell’1,2% per il prossimo anno, si lavora nei fatti alla revisione al rialzo di tale target in settembre con la Nota di aggiornamento del Def. L’aspettativa del Governo è che per quella data giunga a conclusione l’istruttoria avviata un anno nell’Ecofin informale di Amsterdam, per la revisione dei criteri in base ai quale viene fissato il valore del deficit strutturale. Un diverso conteggio del Pil potenziale aprirebbe la strada a una minore correzione dei saldi di finanza pubblica. E poi si conta su una crescita più sostenuta rispetto a quanto sia possibile prevedere oggi. L’arma di riserva (e qui si apre decisamente il capitolo del confronto tra Governo e il Pd) è che alla fine si possa decidere di procedere alla disattivazione non totale ma parziale delle clausole di salvaguardia. Il che vorrebbe dire prevedere un aumento più ridotto e “mirato” dell’Iva e non su tutte le aliquote. Opzione che Padoan non escluderebbe, ma sulla quale è lecito fin d’ora prevedere si eserciterà la più ferma opposizione da parte di Matteo Renzi. Un possibile braccio di ferro a pochi mesi dalle elezioni, che potrebbe avere esiti diretti sul Governo, aprendo con ciò la strada all’anticipo dell’appuntamento elettorale.
© Riproduzione riservata