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Nuovo codice degli appalti: più flessibilità per ripartire

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L'Analisi|il “nuovo” codicE

Nuovo codice degli appalti: più flessibilità per ripartire

E' di fatto un nuovo codice degli appalti quello che esce oggi dal Consiglio dei ministri: il decreto correttivo modifica infatti 131 articoli sui 220 varati esattamente un anno fa. L'impianto resta fondamentalmente lo stesso nei principi ma le numerose modifiche introdotte servono soprattutto a superare alcune rigidità che avevano prodotto una forte resistenza da parte di stazioni appaltanti e imprese. Si crea un periodo transitorio per l'appalto integrato (che consente all'impresa appaltatrice di fare sia il progetto che i lavori): per un anno sarà possibile usare questo tipo di contratto anche per progetti definitivi approvati (ma non messi in gara) alla data del 19 aprile 2016. Sarà uno svuotamento dei cassetti dai vecchi progetti (si spera aggiornati nel frattempo).

Il nuovo codice individua nell'appalto integrato uno dei punti critici che in passato avevano portato aumento dei costi e progettazione subordinata alle esigenze delle imprese e lo limita drasticamente. Il passaggio dal vecchio al nuovo regime era stato però troppo brusco: sia perché aveva ricompreso le opere ad alto contenuto tecnologico dove l'accoppiata progettazione-costruzione è spesso virtuosa sia perché le amministrazioni pubbliche, abituate ad “appoggiarsi” alle imprese per risolvere le proprie carenze di progettazione, non erano in grado di fermare le macchine del vecchio sistema in pochi giorni e mettere in moto quelle nuove. Il risultato di questo passaggio brusco era stato un crollo dei nuovi bandi di gara pubblicati che non produce un impatto negativo immediato sulla spesa per investimenti ma crea un buco e una caduta nel medio periodo. Va dato alla ragionevolezza del ministro Delrio di aver lavorato ora per superare questo problema con un periodo-cuscinetto di un anno.

Con nuovo regime più trasparenza

In altri casi l'iniezione di flessibilità che viene fatta al nuovo sistema si traduce in veri e propri sconti per tener conto delle difficoltà generate dalla crisi del settore: per esempio nel caso della norma sui requisiti di qualificazione delle imprese appaltatrici che andranno maturati non più nell'ultimo quinquennio ma nell'ultimo decennio. Si pensi a un requisito come il fatturato delle imprese che è stato falcidiato dalla crisi: avrebbe creato una selezione drastica – non necessariamente su criteri di equità – delle imprese qualificate. Un altro caso di flessibilità è quello che consente di adottare un sistema semi-automatico di esclusione delle offerte anomale nelle gare fino a 2 milioni, raddoppiando il tetto previsto finora. Anche qui si tratta di una soluzione di compromesso fra i mali del passato (il massimo ribasso è stato considerato per anni da tutti i soggetti come la ragione e la manifestazione di un sistema malato che riduceva i margini delle imprese, aumentava le varianti in corso d'opera “compensative” e bloccava di fatto i lavori) e un futuro difficile da avviare tutto e subito con il criterio della scelta del vincitore basato sull'offerta economicamente più vantaggiosa che, per non sconfinare nella zona grigia vicina alla corruzione, alla turbativa d'asta, ai cartelli, ha bisogno di commissioni aggiudicatrici di qualità e di rigore etico. L'esclusione delle offerte anomale a un prezzo comunque mediato (non massimo ribasso) consente procedure semplificate e celeri proprio perché comportano valutazioni automatiche, senza tornare al vecchio regime. E' evidente – e questo vale per le offerte anomale e anche per l'appalto integrato – che i regimi transitori e le flessibilità funzionano se valgono per periodi certi e limitati e servono a preparare con cura e lungimiranza il nuovo regime, certamente più efficace in termini di trasparenza ed efficienza.

Il ruolo dell’Anac

Evitare l'arroccamento ora dipende dai soggetti in campo, verificare che la direzione sia comunque quella della maturazione (che va aiutata) spetta all'Anac di Raffaele Cantone. Intanto devono partire le tante riforme vere e di sistema che stanno dentro il nuovo codice: a partire dalla qualificazione delle stazioni appaltanti che impone requisiti di organizzazione e di esperienza e dovrebbe portare – da stime del ministero delle Infrastrutture – a una riduzione delle stazioni appaltanti da 32mila (escluse le scuole) a 6mila. Senza dimenticare un'altra rivoluzione di sistema come il débat public che consentirà ai territori di discutere delle diverse opzioni progettuali in campo per una grande opera. Attenzione massima anche alle esigenze organizzative dell'Anac che è il vero perno del nuovo sistema con i compiti non solo di vigilanza, ma anche di regolazione del sistema. Se il nuovo sistema fra un anno funzionerà, superando le difficoltà del rodaggio iniziale, sarà soprattutto merito di Raffaele Cantone.

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