Doppio turno di collegio, Mattarellum, proporzionale, premio di maggioranza (alla lista o alla coalizione), capilista bloccati, preferenze. Il ginepraio della trattativa che dovrebbe portare a una nuova legge elettorale – in sostanza è tutto fermo in attesa delle primarie Pd del 30 aprile - è complicato non solo dalle posizioni contrastanti tra i partiti (e spesso all’interno dei singoli partiti) ma anche dal fatto che, nel tempo e a seconda delle convenienze, gli stessi partiti hanno compiuto delle vere e proprie giravolte.
Pd: dal doppio turno di collegio fino al ritorno al Mattarellum
Il doppio turno di collegio (alla francese) è stata la proposta storica del Pd fin dal 2013 con la segreteria di Pier Luigi Bersani: in ogni collegio vince il candidato che ottiene il 50% più uno dei voti, altrimenti si va a un secondo turno a cui partecipano solo i candidati che superano il 12,5% dei voti. Poi, con la segreteria di Matteo Renzi si è avviata la trattativa con gli altri partiti che ha poi portato alla nascita dell’Italicum. Su questa legge Renzi ha difeso soprattutto il premio di maggioranza alla lista e il ballottaggio: due strumenti che permettono di sapere la sera stessa delle elezioni chi è il vincitore. Inoltre il premio alla lista garantisce la vocazione maggioritaria del Pd senza dover ricorrere alle vecchie coalizioni litigiose (anche se su questo punto Renzi nell’ultimo periodo si è detto pronto a trattare). Dopo la sentenza della Consulta che ha modificato l’Italicum a fine gennaio, eliminando il ballottaggio, la posizione che ha ricompattato il Pd è stata il ritorno al Mattarellum: il sistema, 75% maggioritario a turno unico con collegi uninominali e 25% proporzionale, con cui si è votato dal 1994 al 2006.
M5S: dal Mattarellum al Legalicum, passando per il Democratellum
Risale al 4 dicembre 2013 un post sul blog di Grillo dove si chiedeva il «ritorno al Mattarellum» per andare subito al voto. Erano i tempo pre Italicum. Poi la proposta ufficiale del 5 stelle è diventato il Democratellum: un sistema proporzionale con collegi intermedi in grado di favorire le forze più grandi garantendo di fatto una soglia di sbarramento del 5%. Con l’aggiunta di preferenze (sia positive che negative, per penalizzare candidati non graditi). Subito dopo l’esito del referendum del 4 dicembre sulle riforme costituzionali, i 5 stelle hanno chiesto di tornare subito al voto con le leggi in vigore: Italicum alla Camera, e Consultellum al Senato (la legge in vigore dopo che la stessa Consulta, a gennaio 2014, aveva bocciato il Porcellum). Poi la posizione dei 5 stelle si è precisata con la sentenza della Consulta che ha ridisegnato l’Italicum a gennaio di quest’anno. Una posizione che ha assunto la forma del Legalicum: l’estensione anche al Senato dell’Italicum modificato dalla Consulta (premio di maggioranza alla prima lista che supera il 40% ma senza ballottaggio), ma senza i capilista bloccati. Se il Mattarellum dovesse definitivamente essere accantonato, non è escluso che sul Legalicum lo stesso Pd possa venire incontro ai 5 stelle.
Berlusconi: no a collegi uninominali maggioritari e no a preferenze
Silvio Berlusconi ha mantenuto costanti due punti nelle numerose trattative sulla legge elettorale degli ultimi anni: l’avversione ai collegi uninominali maggioritari come quelli del Mattarellum o del sistema a doppio turno di collegio, e l’avversione per le preferenze. Il Mattarellum non ha impedito a Berlusconi di vincere le elezioni nel 2001, tuttavia il leader di Forza Italia considera i collegi penalizzanti per i suoi candidati, meno radicati sul territorio rispetto a quelli del centrosinistra. Le preferenze, invece, sono viste come un elemento in grado di alimentare la guerra interna a Fi, facendogli perdere la presa sul partito. Per questo Berlusconi nella trattativa sull’Italicum chiese ed ottenne l’inserimento dei capilista bloccati, cedendo sul premio di maggioranza alla lista. In realtà sul premio di maggioranza alla lista Berlusconi ha prima espresso un giudizio favorevole («è un incentivo all’unificazione del centrodestra»), poi è sembrato virare sul premio alla coalizione, per mantenere in piedi l’alleanza con la Lega. Ma Berlusconi ha anche espresso il suo favore per un sistema proporzionale puro con soglia di sbarramento al 5%, non escludendo la necessità di dover fare una grande coalizione Fi-Pd dopo le elezioni.
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