Un cartellino giallo da sventolare in faccia alle amministrazioni cadute in fallo durante la gestione di una gara d'appalto, sotto la minaccia di una sanzione fino a 25mila euro. È essenzialmente questo il potere di «raccomandazione vincolante» che – come il Sole 24 Ore ha segnalato in un articolo pubblicato ieri - il decreto correttivo appalti ha tolto dalle mani di Raffaele Cantone. Un potere molto rilevante, mirato a dare strumenti efficaci (e il più possibile tempestivi) per combattere a corruzione e illegalità nel mercato (da oltre cento miliardi all'anno) degli appalti pubblici. Non a caso l'Autorità aveva appena pubblicato un regolamento ad hoc, indicando alle amministrazioni la strada che avrebbe seguito per utilizzarlo.
Interventi sulla gestione delle gare
In ballo c'era – è il caso di usare il passato - la possibilità per l'Anac di intervenire in tempo (quasi) reale sulla gestione delle gare da parte delle amministrazioni, intimando ai dirigenti di correggere in corsa gli atti o le procedure giudicate illegittime. Per chi non si adeguava alla “raccomandazione” venivano previste multe salatissime: la forchetta prevista dalle norme oscilla tra 250 e 25mila euro.
La scelta di cancellare questa possibilità è stata presa in uno degli ultimi passaggi del provvedimento, a Palazzo Chigi. Il tratto di penna che ha cancellato la misura (contenuta nel secondo comma dell'articolo 211 del Dlgs 50/2016) non era infatti presente nella prima versione del provvedimento. Quella su cui si sono basati i pareri delle Camere e anche le audizioni in parlamento tenute dallo stesso Cantone e dal ministro Graziano Delrio. Non solo. La norma non era prevista neppure nel testo di entrata al Consiglio dei ministri di giovedì 13 aprile che ha dato il via libera definitivo al decreto, ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
I dubbi del Consiglio di Stato
C'è da dire però che sul potere di raccomandazione più di qualche perplessità l'aveva espressa il Consiglio di Stato. Chiedendo di modificare radicalmente l'impostazione del potere, invocando motivazioni analoghe – il rapporto tra un'Autorità indipendente e le autonomie locali sbilanciato a favore della prima – sia nel parere espresso sul nuovo codice appalti che in quello sul decreto correttivo appena arrivato al passaggio conclusivo. Anche Cantone del resto non ha mai fatto mistero della “delicatezza” sia politica che giuridica di questo nuovo potere, tanto da non averlo finora praticamente mai utilizzato. Certo aver appreso a cose fatte della sua cancellazione, pochi giorni dopo aver preparato la strada per cominciare a utilizzarlo emanando le prime “raccomandazioni” non ha fatto piacere al numero uno dell'Anticorruzione.
Cantone ridimensionato anche sull’autonomia organizzativa
D'altra parte, con l'ultima versione del decreto, Palazzo Chigi ha “colpito” Cantone anche sul fronte dell'autonomia organizzativa dell'Anac. Una misura in questo senso era stata richiesta direttamente dall'ex magistrato Cantone in audizione al Parlamento e inserita nel testo di entrata del decreto al Consiglio dei Ministri su suggerimento delle Camere. Anche questo passaggio alla fine è saltato all'improvviso. Non è poi difficile immaginare che nelle stanze dell'Authority di Via Minghetti non abbiano digerito bene la scelta di rendere più facili gli affidamenti fiduciari di appalti, servizi e consulenze di importo inferiore a 40mila euro (la zona grigia in cui si annida molto spesso la corruzione diffusa), aggirando con un espediente normativo - inserito anche questo all'ultimo momento - il paletto dell'obbligo di motivazione e della consultazione di almeno due preventivi prima di firmare il contratto, messo nero su bianco proprio in una delle linee guida sugli appalti firmata da Cantone.
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