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Boccadutri ci riprova, l’addio alle monetine già in una mozione…

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L’emendamento

Boccadutri ci riprova, l’addio alle monetine già in una mozione del 2014: «Costano più di quello che valgono»

Dal 2018 addio, o almeno arrivederci, alle monetine da 1 e 2 centesimi. Un emendamento alla manovrina targato Pd, che vede come primo firmatario Sergio Boccadutri, propone, infatti, la sospensione del conio delle monete da 1 e 2 centesimi a «far data dal 1° gennaio 2018». E il risparmio derivante dagli effetti della norma, quantificato dall’estensore dell’emendamento in 20 milioni di euro, sarebbe destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Un decreto del ministro dell’Economia, da varare entro il 1° settembre 2017, dovrebbe individuare poi le modalità attraverso cui i pagamenti effettuati in contanti sarebbero arrotondati nel periodo di sospensione.

Insomma Boccadutri ci riprova. Perché già il 6 maggio 2014, quando era deputato di Sel (è entrato nel Pd dal 26 giugno 2014), aveva incassato un via libera pieno e convinto alla Camera - con 390 sì e un astenuto su 391 presenti -come primo firmatario della mozione che impegnava il Governo «ad assumere iniziative a livello nazionale ed europeo perché vengano attuate politiche di contenimento della spesa, esaminando l’opportunità di introdurre misure finalizzate a ridurre in maniera significativa la domanda da 1 e 2 centesimi, analogamente a quanto avvenuto in altri Stati membri dell’Unione europea, previa valutazione dell'impatto delle misure medesime sull’inflazione».

Cofirmatari della mozione Maria Elena Boschi e altri deputati di Pd, Sel, Scelta civica, M5S e Gruppo misto. A favore si dichiararono Pd (con Emanuele Lodolini che parlò di un gesto «piccolo ma grande, perché produrrebbe un significativo risparmio», Forza Italia (con Lorena Milanato che la definì «mozione di equilibrio e di buon senso»), Lega (con Filippo Busin che parlò di «assoluto buon senso»), Per l’Italia (con Federico Fauttilli che la ritenne di «utile razionalizzazione», ma con il rischio di «corse all’arrotondamento superiore»).
«Sono monetine – ha dichiarato al Sole24ore.com Boccadutri - che non vengono accettate dai parcometri, dai distributori automatici, dai caselli autostradali. I consumatori le ricevono come resto, ma non le riusano. Monetine di rame spesso lasciate a casa nei cassetti, abbandonate nei porta oggetti delle auto o alla cassa dei supermercati per non ingombrare le tasche. Nei fatti, insomma, è una produzione in perdita, perché costano più di quello che valgono». Il deputato a sostegno delle sue tesi ha citato anche uno studio della Commissione europea per dire che «il 70% di queste monetine non circola, e quando non circola non ammortizza il valore di produzione».

(Space24)


Secondo i calcoli di Boccadutri i costi di fabbricazione di ogni moneta da un centesimo sarebbero di circa 4,5 centesimi di euro, mentre quelli dei due centesimi sarebbero di 5,2 centesimi di euro. E sottolinea che dall’introduzione dell’euro al 2013 la Zecca ha fuso oltre 2,8 miliardi di monete da un centesimo e 2,3 miliardi di monete da 2 cent per un costo complessivo di 245,6 milioni di euro. «Gli effetti di risparmio – ha sottolineato ancora Boccadutri - sono quantificabili in Italia in almeno 20 milioni di euro ogni annuo. Anche per ragioni simili alcuni Paesi europei, tra cui la Finlandia e i Paesi Bassi, hanno bloccato il conio di queste monete».

I dati della Banca d'Italia segnalano nei primi 15 anni di euro sono state prodotte 3,526 miliardi di monetine da un euro e 2,781 miliardi da due centesimi. Solo lo scorso anno, rispettivamente, 259 milioni e 163 milioni. Un problema, quello dell’eliminazione dei piccoli cent che in Europa è stato affrontato a più riprese, con ipotesi che andavano dal mantenimento dello status quo (considerando la possibilità di produrre monetine riducendo la quantità di rame) alla possibilità di interrompere la produzione con un ritiro graduale o rapido dalla circolazione. La proposta è stata poi subordinata, come spiegò all’epoca della mozione il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, «ad una approfondita analisi del bilanciamento costi/benefici in quanto la soppressione delle due monete potrebbe portare a opzioni diverse da Paese a Paese».


Nel mirino, fra le altre cose, l'analisi dell'impatto inflazionistico, la valutazione della grande distribuzione - che dei centesimi ha fatto un cavallo di battaglia nelle promozioni - , ma anche l’impatto sull’equilibrio economico-finanziario delle zecche nazionali. Che comunque dovrebbero redistribuire i costi di produzione sulle altre monete. All’epoca venne anche precisato che il fabbisogno annuale di monetine da 1 e 2 centesimi, ancora su livelli elevati, in Italia è determinato principalmente dalle richieste del sistema bancario e delle organizzazioni della grande distribuzione. Nel 2013, comunque, la proposta di eliminarli ottenne un netto no della Germania.

Lo spauracchio dei detrattori è sempre quello dell’inflazione. «Non ci sono ostacoli, tanto che altri paesi, europei e non, l’hanno già fatto. Un addio che, Finlandia e Paesi Bassi in Europa e Canada nell’America del Nord, hanno già dato. Con un notevole risparmio di costi. E ci sarebbero regole per l’arrotondamento in difetto o in eccesso, che sarebbe applicato nel calcolo finale di un conto. E se si paga con carta o bancomat, si paga al centesimo», ha detto Biocacdutri. E gli Stati Uniti? «Lì se ne è parlato - ha concluso il deputato - ma non è mai passato. Anche lì non li usano, ma il cent è un simbolo, come la banconota da un dollaro. In Italia, invece, è uno spreco inutile e l’eliminazione potrebbe liberare risorse per fare cose più utili».

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