I collegi uninominali che la nuova legge elettorale di stampo tedesco vuole introdurre in Italia sono stati attualmente configurati in modo molto diverso da quelli in vigore a Berlino. In Germania vale sempre il principio che chi vince in un collegio si tiene il seggio. Nella proposta di legge elettorale all’esame del nostro Parlamento, così come è ancora congegnata al momento, esistono tre casi in cui questo principio viene violato. Questa non è questione di poco conto. Già i collegi tedeschi sono “finti” perché non servono a decidere la distribuzione dei seggi tra i partiti. In altre parole non hanno un effetto maggioritario come quelli inglesi o francesi o come quelli del vecchio Mattarellum. Se a questo si aggiunge anche il fatto che chi vince nel collegio potrebbe in realtà non vincere, perché pur arrivando primo non gli viene attribuito il seggio, si capisce bene che viene meno anche l’altra funzione del collegio uninominale, cioè quella di consentire agli elettori di essere rappresentati da chi vogliono.
Primo caso. Un partito vince un seggio in un collegio ma non arriva al 5% a livello nazionale. In Germania si tiene il seggio, da noi no. Il seggio viene assegnato ad altro candidato. Questa norma presenta il vantaggio di impedire che la soglia del 5% possa essere aggirata con accordi di desistenza tra partiti, ma lo stesso risultato potrebbe essere raggiunto lasciando il seggio al partito che lo ha vinto ma impedendogli di utilizzare i voti proporzionali raccolti a livello nazionale.
Secondo caso. Un partito ha diritto, per esempio, a 10 seggi totali in una data circoscrizione e i suoi candidati sono arrivati primi in 10 collegi uninominali. Uno dei dieci seggi uninominali non viene assegnato al vincente perché uno dei 10 seggi spettanti al partito va al candidato primo nella lista circoscrizionale. In questo caso invece di 10 eletti uninominali e zero proporzionali, il partito avrà 9 eletti uninominali e uno proporzionale, a meno che non si verifichi il caso del tutto improbabile che i dieci candidati vincenti nei collegi abbiano tutti preso il 50% dei voti. La clausola dei capilista garantiti è una peculiarità del nostro sistema che serve a offrire un paracadute a quei candidati di lista dei partiti più grandi che in certi contesti potrebbero non riuscire a ottenere il seggio in concorrenza con i loro colleghi che corrono nei collegi.
Terzo caso. Un partito ha diritto a 10 seggi totali in una data circoscrizione, ma i suoi candidati sono arrivati primi in 11 collegi uninominali. In altre parole, in base ai voti proporzionali ottenuti, i seggi spettanti al partito dovrebbero essere solo 10, ma ne ha presi 11 nei collegi. In Germania l’undicesimo seggio viene comunque assegnato al partito che lo ha vinto anche se è in soprannumero. In questo modo la composizione del Bundestag si allarga per accomodare questi seggi in soprannumero. A Berlino si può fare perché il numero dei deputati non è fissato in costituzione e quindi può variare. Da noi il numero dei deputati e dei senatori è fisso. Per questo i seggi in soprannumero sono un problema. La soluzione, attualmente prevista e in corso di modifica, è stata quella di prevedere una graduatoria degli 11 candidati uninominali vincenti sulla base delle loro cifre elettorali e escludere dall’ assegnazione dei seggi l’undicesimo del nostro esempio, che si va ad aggiungere al decimo che viene escluso a causa della regola del capolista garantito. Due collegi uninominali dove i vincenti non vincono. Non proprio una bella cosa.
Dei tre casi analizzati qui solo il secondo può essere risolto facilmente. Basta eliminare la norma che il primo seggio vada al capolista. Vedremo se l’emendamento in queste ore in discussione lo farà. Negli altri due casi qualunque soluzione ha delle controindicazioni. Si tratta di scegliere la soluzione meno peggio. Quella di togliere il seggio a chi vince in un collegio uninominale, come è previsto nel testo attuale, non è certamente la migliore. In queste ore si sta trattando per trovare una diversa soluzione che preveda un numero minore di collegi uninominali (e conseguentemente uno maggiore di seggi proporzionali) in modo da “accomodare” gli eventuali seggi in soprannumero. Sarebbe una soluzione migliore della precedente. Anche questa soluzione ha però una controindicazione in quanto in questo modo si aumenta il numero dei parlamentari eletti nelle liste circoscrizionali con liste bloccate.
D’altronde l’impianto nel nostro contesto del modello simil-tedesco non si può fare senza qualche compromesso. Giorni fa la soluzione su cui si sta lavorando ora era già stata proposta (da Dario Parrini, deputato e segretario Pd della Toscana), ma rigettata. Sarebbe interessante sapere perché e da chi. Se fosse stata accolta allora, avrebbe risparmiato a chi ha proposto questa legge una gran brutta figura.
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