C’era una volta la fiera campionaria, lo stand pieno di volantini e gadget dell’azienda, il salottino per gli incontri con i buyer. Un percorso obbligato per chi andava a caccia di clienti, una formula semplice per lungo tempo rimasta invariata: l’espositore investiva in visibilità comprando gli spazi di un evento di richiamo e il cliente prima o poi sarebbe passato da lui.
Ma una forte evoluzione è ora in atto, perché il mercato mondiale degli eventi fieristici, se da un lato è impegnato nel dibattito sulla qualità delle infrastrutture e dei servizi messi a disposizione dai quartieri, dall’altro scommette con decisione sulla capacità di aggregare community, fare network tra espositori, buyer e visitatori, arricchire l’offerta di convegni e iniziative collaterali alle principali manifestazioni o addirittura declinare la mission di queste ultime sul territorio attraverso la creazione di appositi spin-off.
È il tema dell’innovazione del format nell’epoca dei social network, una piccola grande rivoluzione cui stanno contribuendo in maniera non secondaria le tecnologie digitali. L’ultimo barometro di Ufi, l’associazione mondiale delle fiere, parla chiaro: si è chiesto alle aziende di condividere le proprie strategie e, a livello globale, è emerso che il 57% intende innovare all’interno del classico range delle attività di settore (sede, organizzazione di eventi, fornitura di servizi), un 24% punta a innovare attraverso l’offerta di eventi live o virtuali, mentre un altro 5% è sensibile all’innovazione su entrambi i versanti.
In America c’è senza dubbio maggiore sensibilità all’innovazione attraverso eventi live o virtuali (37%), mentre nei quartieri fieristici europei scendiamo a un 28% di aziende interessate a prendere questa strada.
Come? «Le società fieristiche – risponde Kai Hattendorf, managing director di Ufi – hanno capito che possono e devono sviluppare i marchi delle fiere in marchi di marketing fornendo servizi alle aziende tutto l’anno oltre le fiere stesse. Social media e content marketing sono elementi importanti di questo processo. Quanto agli spin-off locali, sono il risultato della crescita globale degli eventi con marchi propri e anche una reazione ai cambiamenti geopolitici».
In effetti, dopo 30 anni in cui «la globalizzazione e la semplificazione degli scambi internazionali hanno guidato la crescita del settore fieristico», ora, con il protezionismo in ascesa, potremmo vedere che «i singoli eventi leader globali si indeboliscono a favore di eventi leader nelle rispettive regioni del globo». Ed ecco allora che «gli organizzatori internazionali lavorano sempre di più per avere marchi fieristici che coprano mercati rilevanti in giro per il mondo, mettendo in piedi un certo numero di eventi in diverse location ogni anno».
Come si colloca l’Italia in questo scenario globale? Sempre secondo l’ultimo barometro di Ufi, se il 71% degli operatori appare intenzionato a sviluppare nuove attività all’interno del classico range del settore fieristico e il rimanente 29% preferisce restare all’interno dell’attuale ambito di attività, ancora nessuno punta a innovare attraverso l’offerta di eventi live o virtuali. E rispondendo alla domanda intorno ai principali problemi del settore un 11% degli intervistati fa riferimento all’impatto della digitalizzazione, percentuale più alta del dato globale (8%) ma più bassa di quello europeo (12%).
«Certi processi – spiega Ettore Riello, presidente di Aefi (l’associazione esposizioni e fiere italiane) – da noi sono ancora in fase embrionale. Qualcuno comincia a muoversi in questa direzione e la cosa è senza dubbio positiva, ma si registrano anche resistenze. Non parlerei comunque di gap, quanto piuttosto di opportunità: più fai fatica a confrontarti con i temi dell’innovazione digitale, più devi diventare consapevole dell’urgenza degli investimenti in quel senso».
C’è tanto da guadagnare dalla rivoluzione digitale: «Fino a qualche anno fa – continua Riello – le dimensioni erano decisive. Con le nuove tecnologie e la possibilità che ti offrono di far vivere il prodotto e l’espositore oltre l’evento, rendendo feedback puntuali in termini di dati, anche le piccole realtà diventano più competitive».
Il tema centrale del dibattito è quello del marketing evoluto, «un tema – sottolinea Francesca Golfetto, docente dell'Università Bocconi esperta del settore e membro del cda di Fiera Milano – che interessa tutte le aziende. Si spazia dalla cura quotidiana del cliente al miglioramento dell’esperienza all’interno della fiera stessa, magari attraverso la creazione di app specifiche».
Un tema che potrebbe creare anche nuove figure professionali e che sarà analizzato domani a Roma nell’evento italiano della Giornata mondiale delle fiere voluta dall’Ufi, organizzato da Aefi e Agenzia Ice.
© Riproduzione riservata