La grande corsa al voto, se finirà davvero con aprire le urne a settembre, porterà in anticipo la prima campagna elettorale senza rimborsi per i partiti. Succederebbe comunque con la scadenza naturale della legislatura perché il 2017 è l’anno di chiusura definitiva del “rubinetto” del finanziamento pubblico che, fino al 2012, irrorava le casse dei partiti a colpi di 180 milioni di euro l’anno. Poi arrivò il dimezzamento deciso dal Governo Monti e a seguire la cancellazione decretata dall’Esecutivo di Enrico Letta (legge 13/2014).
Una rivoluzione per i partiti italiani e i loro tesorieri. E chissà in quanti si staranno mangiando le mani (le stesse con le quali hanno votato quei due provvedimenti taglia-rimborsi) guardando a quanto accade ai loro colleghi in Europa. Magari proprio a quelli tedeschi dal momento che la politica nostrana sembra essere stata contagiata nelle ultime settimane da una passione per la Germania: le quattro formazioni principali (Pd, Fi, Lega e M5S) hanno importato un sistema elettorale “alla tedesca” per poi portare gli elettori a votare il 24 settembre, proprio il giorno in cui i cittadini della Repubblica federale saranno chiamati a scegliere il nuovo Bundestag.
Ma il parallelismo Roma-Berlino si interrompe bruscamente sul tema dei rimborsi elettorali. La Germania, a differenza dell’Italia, ha conservato un sistema che assicura finanziamenti alle formazioni politiche che ottengono una percentuale minima di voti alle elezioni (0,5% per le europee e per il Bundestag; 1% per i parlamenti dei Länder). L’ultimo assegno annuale (2016) ammontava a 160,5 milioni di euro, soldi che in gran parte sono andati alle due principali formazioni che hanno dato vita alla grosse Koalition: 50,8 milioni alla Spd e 49,5 alla Cdu della Cancelliera Angela Merkel (e altri 12 ai “cugini” bavaresi della Csu). La legge stabilisce un limite assoluto al finanziamento dei partiti che però aumenta ogni anno per effetto dell’adeguamento al costo della vita e alle retribuzioni dei dipendenti degli enti locali. Dal 2002 l’aumento è stato del 20 per cento.
Ma non di soli fondi pubblici vivono i partiti tedeschi. Anzi. Alle prese con una crisi da finanziamento le nostre forze politiche dovranno presto imparare dagli omologhi tedeschi l’arte del fund raising. Nel solo 2015 la raccolta fondi ha fruttato a Cdu e Spd messi insieme 200 milioni di euro (una cifra che comprende anche proventi da attività imprenditoriali, partecipazioni, beni patrimoniali). Per avere un termine di paragone, dal 2xmille i partiti italiani hanno ottenuto nel 2016 appena 11,7 milioni di euro. La strada è ancora lunga, il tempo è poco.
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