Hanno l’obiettivo di spezzare il circolo vizioso che lega i destini degli Stati e delle banche nazionali. Sono da tempo sul tavolo della Commissione europea e dell’European Systemic Risk Board, che stanno cercando di eliminare i nodi legali che potrebbero ostacolarne il decollo. Eppure per gli «Sbbs», impronunciabile acronimo di «Sovereign bond backed securities» (cioè bond “sintetici” derivanti da cartolarizzazioni di titoli di Stato europei chiamati più semplicemente «safe bonds»), la strada resta in salita: per vararli servirebbe infatti un consenso politico che sembra ancora lontano. Ma i lavori sono in corso.
A parlare di questi strumenti, che usano le più sofisticate tecniche finanziarie per fare in maniera “sintetica” ciò che la politica non riesce a fare, è stato ieri ad un convegno organizzato da Banca Imi uno dei “padri” degli Sbbs: il professore dell’Università di Napoli Marco Pagano. La sua analisi, e quella del gruppo di economisti denominato Euronomics, parte da un dato di fatto: il legame troppo stretto tra Stati e banche rappresenta una grande vulnerabilità per molti Paesi europei. Se una banca detiene troppi titoli del proprio Paese, alla prima crisi del debito pubblico finisce in affanno costringendo il suo Governo a salvarla. Questo peggiora i conti pubblici, aggrava la crisi sovrana e dunque lo stato di salute della banca stessa. Un circolo vizioso.
La soluzione allo studio, menzionata in un recente paper della Commissione Ue, è quella degli «Sbbs». Funzionano così. Si crea una società-veicolo che acquista parte dei titoli di Stato di tutti i Paesi europei in proporzione al loro Pil. Questo veicolo si finanzia sul mercato emettendo obbligazioni, garantite proprio dal portafoglio di titoli acquistati. I bond vengono divisi in due tranche: una «junior» (che assorbirebbe le prime perdite se uno Stato europeo andasse in crisi) e una «senior» (che sarebbe protetta tanto da meritare un rating «Tripla A»). «Secondo le nostre simulazioni - spiega Pagano -, la diversificazione del portafoglio composto da tutti i titoli di Stato europei e la divisione in due o più tranche permette di creare titoli senior molto sicuri. Oggi chi vuole comprare bond sicuri deve per forza acquistare quelli tedeschi. Gli Sbbs permettono invece di raddoppiare i titoli sicuri in circolazione, spezzando il circolo vizioso tra Stati e banche». Le banche, che comprerebbero le obbligazioni «senior» garantite da tutti i titoli di Stato europei, slegherebbero insomma le loro sorti da quelle dello Stato. «Gli European safe bonds sarebbero una risposta meno forte rispetto a una vera Unione fiscale, ma appaiono come un’opzione più facilmente praticabile - osserva Mauro Micillo, a.d di Banca Imi -. Si possono fare a Trattati invariati».
Ma il progetto è circondato da una certa freddezza. «Si tratta di uno strumento di ingegneria finanziaria - osserva Riccardo Barbieri, capo economista al ministero dell’Economia italiano -. Prima di vararlo bisogna verificare cosa accadrebbe al mercato dei titoli di Stato». «Per motivi vari molti Governi sembrano freddi su questi titoli», aggiunge il capoeconomista di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice. «La Commissione sta lavorando per spianare tecnicamente la strada a questi titoli, ma la decisione di usarli spetta ai Governi», sintetizza Lucio Pench della Commissione Ue. Il punto, probabilmente, è un altro: per evitare l’ingegneria finanziaria, basterebbe una maggiore capacità politica di risolvere i problemi.
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