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Roma riduce il portafoglio partecipate

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Roma riduce il portafoglio partecipate

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Due società chiuse, altre quattro che seguiranno a breve. Dismissioni in vista per l’1,33% di Adr, per il 6,72% di Centrale del Latte Spa e per il 3,53% di Acea Ato 2. Accorpamenti nei settori dell’engineering per la mobilità (Roma Servizi per la Mobilità e Roma Metropolitane) e del patrimonio (Aequa Roma e Risorse per Roma). Valutazioni in corso sul destino di altre partecipazioni minoritarie: Centro Agroalimentare, Eur Spa, Investimenti Spa. E acceleratore premuto sulle sinergie tra Acea, Ama e Atac.

Prende corpo il piano di razionalizzazione delle partecipate romane, che dalle attuali quasi 40 dovranno scendere a 10-12. A illustrare le novità è l’ingegner Paolo Simioni, ex Ad di Save, la società che gestisce gli aeroporti di Mestre, Verona e Treviso, chiamato a dicembre in Campidoglio dall’amico di lunga data, l’assessore alle Partecipate Massimo Colomban, per guidare il gruppo di lavoro sulle società. Una galassia malconcia, gravata da 3,2 miliardi di debiti. A chi chiede lumi sull’operatività della task force Simioni ribatte: «Il lavoro compiuto è stato molto, in un contesto complesso e critico». Ed è stato propedeutico al piano di riordino che dovrà passare al vaglio dell’assemblea capitolina. «Arriverà», promette Simioni. «Le linee guida prevedono innanzitutto la riduzione progressiva delle partecipazioni minoritarie non strategiche per i servizi pubblici locali. Per le società strumentali, non prevediamo dismissioni, quanto accorpamenti e razionalizzazioni».

Ecco il dettaglio: «Delle sei partecipate in liquidazione da tempo, alcune da decenni, siamo riusciti a chiuderne due: Servizi Azionista Roma e Centro Ingrosso Fiori. Per le altre in cui Roma Capitale è unico azionista si sta procedendo con la massima rapidità: Roma Patrimonio Srl, Azienda Comunale Centrale del Latte, Associazione Roma Energia. Per quanto riguarda le dismissioni, Atlantia ha presentato un’offerta vincolante di 48 milioni per l’1,33% di Adr. Stiamo predisponendo i bandi per cedere il 6,72% di Centrale del Latte Spa, e il 3,53% di Acea Ato 2 Spa. Per le altre partecipazioni minoritarie (Centro Agroalimentare, Eur Spa, Investimenti Spa) stiamo valutando economicità e strategicità».

Se gli accorpamenti si concentrano per ora su mobilità e gestione del patrimonio, per le sinergie si parte dagli impianti di trattamento dei materiali finalizzati alla chiusura del ciclo dei rifiuti. Come il progetto Ama-Acea «per il trattamento del multimateriale leggero e della separazione dei polimeri della plastica». Altro tema è quello della logistica delle sedi operative Ama, «per determinare l’aumento delle ore di raccolta versus quelle lavorate degli autisti». In cantiere, ancora, la razionalizzazione dell’uso degli immobili di proprietà delle partecipate per ridurre gli affitti, l’uso sinergico delle banche dati e sistemi avanzati di organizzazione del personale, su cui Acea può vantare una best practice a livello europeo: il recente avvio del progetto Work Force Management presso Ama ne rappresenta l’effetto. Poi, «il progetto di trasferimento della rete elettrica Atac ad Acea, che consentirebbe ad Atac di non occuparsi più di attività non core, e ad Acea di gestire tale tratto di rete».

Resta il nodo conti. Colomban ha anticipato che il bilancio 2016 delle dieci partecipate romane che rimarranno è quasi in pareggio, con perdite che si riducono dai 161 milioni del 2014 a 7,2, cui vanno sommati gli utili di Acea. «Premesso che la quasi totalità del miglioramento è ascrivibile ai risultati di Atac dal 2014 al 2016 - chiarisce Simioni - è importante che il risultato economico sia in equilibrio, ma al contempo è indispensabile non “azzoppare” l’operatività delle società». Inevitabile pensare al debito: oltre 2 miliardi per le stesse dieci società, di cui 685 milioni verso le banche. Simioni ha la sua visione: bene ridurre l’indebitamento, ma «senza che il prezzo da pagare, come nel caso di Atac, sia troppo pesante e porti alla sospensione sostanziale degli investimenti e conseguente forte calo nella qualità dei servizi». I servizi, la nota dolente: basti pensare a trasporti e rifiuti. Per Simioni, il primo intervento dev’essere culturale. Contro le malpractice «di alcuni che vanifichino l’operato di migliaia di lavoratori onesti e coscienziosi».

Due esempi, entrambi in Ama: «Esiste un manipolo di 10-15 autisti, su un totale di circa 500, da cui provengono mediamente oltre 100 segnalazioni di mezzo guasto all’anno ciascuno, più o meno un giorno lavorativo sì e uno no, a fronte dei colleghi che mediamente ne rilevano 5-10 all’anno. E ci sono 1.900 inabili (su un totale di 8mila dipendenti, ndr), il cui numero deve calare». Da qui il progetto Work Force Management per rilevare le mansioni potenzialmente effettuabili da questi dipendenti: «I primi test hanno dimostrato la possibilità di reimpiego di una percentuale che arriva a punte massime del 40-60%».

Intanto ieri la sindaca Virginia Raggi ha annunciato, tra i fischi dei lavoratori in Aula Giulio Cesare, la scelta del Comune per risolvere l’annosa vicenda di Multiservizi, partecipata da Ama al 51% con 4.200 dipendenti: sarà avviata una gara a doppio oggetto per la costituzione di una nuova società mista pubblico-privato. Nessuna internalizzazione.

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