L'esclusione del M5S dai ballottaggi nelle principali città chiamate alle urne è la prima risposta che arriva da questa tornata elettorale. Un evento frutto delle divisioni interne al Movimento ma anche della debolezza dei candidati, scelti in più di un caso per fedeltà al vertice pentastellato che per capacità. Genova è certamente il caso più clamoroso. Nella sua città Beppe Grillo ha perso malamente. E non solo per la distanza che separa il candidato grillino dagli altri due contendenti di centrosinistra e centrodestra, ma perché a Genova il fondatore del M5S ha deciso d'autorità di sostituirsi alla scelta degli iscritti estromettendo la vincitrice delle comunarie con un semplice «fidatevi di me».
Almeno in questo caso, visto come hanno votato gli elettori, la fiducia è stata mal riposta. Ancora una volta le elezioni dei sindaci confermano che a fare la differenza è il candidato. Come a Parma,dove l'amministrazione dell'ex grillino Federico Pizzarotti è stata premiata nonostante l'assenza di un partito alle spalle e soprattutto Palermo, regno indiscusso di Leoluca Orlando, che si avvia alla riconferma già in questo primo turno. Laddove il candidato è debole sono invece i blocchi a contare.
E anche in questo caso viene in aiuto l'esempio di Genova, dove centrosinistra e centrodestra, come ai vecchi tempi, si apprestano a sfidarsi al ballottaggio puntando tutto sulla forza della coalizione. Uno scenario che in passato ritrovavamo anche alle elezioni politiche ma che difficilmente ritroveremo in futuro: la legge elettorale per i Comuni è infatti un maggioritario con ballottaggio che spinge alla coalizione e a individuare candidati forti mentre quella con cui molto probabilmente andremo a votare al termine di questa legislatura sarà un proporzionale in cui ciascuno punterà a giocarsi la propria partita confidando nella trattativa post elettorale per sedersi al tavolo del governo.
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