
«Negligenza inescusabile e grave violazione di legge». Il tribunale civile di Messina con queste motivazioni ha affermato la responsabilità della Procura della repubblica di Caltagirone per la morte di una giovane madre di tre figli, assassinata dal marito nell'ottobre di 10 anni fa.
I due magistrati assegnatari del fascicolo, in sostanza, avrebbero ignorato le ripetute denunce della donna, che negli ultimi tre mesi di vita aveva ripetutamente segnalato l'escalation di minacce subite dal marito. In particolare la Procura di Caltagirone – che pure nell'anno precedente aveva inquisito il futuro omicida, facendogli patteggiare 14 mesi per violenza privata nei confronti della consorte, condanna sospesa – non aveva mai iscritto nel registro dei reati una serie di episodi durante cui l'uomo, alla consueta e tumultuosa riconsegna dei figli, aveva mostrato più volte alla moglie un coltello a serramanico, lo stesso coltello utilizzato alla fine per ucciderla.
Secondo i giudici di Messina, l'inerzia della Procura davanti alla crescente gravità degli episodi è «inescusabile», anche perché c'è un legame diretto (nesso di causalità) tra il mancato sequestro dell'arma bianca, che doveva essere obbligatoriamente eseguito, e l'esito dello stalking alla povera giovane madre.
Ai figli, ancora minorenni, è stato riconosciuto un danno patrimoniale complessivo di 259mila euro – che verrà liquidato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - calcolato sulla base del reddito della mamma, geometra in uno studio professionale. Tuttavia il Tribunale ha negato il riconoscimento del danno non patrimoniale (valutato dai difensori in 1,5 milioni di euro) perché all'epoca dei fatti la legge sulla responsabilità delle toghe non lo prevedeva: solo con la modifica di due anni fa (legge 18/2015) i magistrati devono rispondere anche per fatti lesivi non collegati direttamente alla «ingiusta privazione della libertà personale».
I legali dei minori avevano chiesto al tribunale «un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma» spiega l'avvocato Alfredo Galasso, anticipando sul punto un nuovo ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
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