
Questa torrida coda di primavera manda l’ennesimo segnale ai governanti del pianeta, soprattutto a quelli - come il presidente americano - che si vantano di appartenere alla (sempre più ristretta) cerchia degli scettici in materia di cambiamenti climatici. L’anticiclone africano che da diversi giorni sta imperversando sulla penisola iberica accompagnato da forti raffiche di vento bollente è stato il fattore scatenante del drammatico incendio nel Portogallo centrale costato la vita a decine di persone, molte delle quali rimaste intrappolate nelle auto.
L’Italia dal canto suo è già in piena emergenza siccità, e l’estate non è ancora iniziata. I presidenti di Emilia-Romagna e Toscana hanno dichiarato con un decreto lo stato di crisi idrica per l'intero territorio regionale, e lo stesso si appresta a fare la Sardegna. Il livello del Po è sceso due metri e mezzo sotto lo zero idrometrico. Nei prossimi giorni, con l’anticiclone «Giuda» in netto rinforzo sulla penisola, non potrà che scendere ancora.
La primavera 2017 è stata la seconda più calda del pianeta a livello climatologico da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1880. Lo riporta la Coldiretti sulla base di un'elaborazione dei dati divulgati dalla NASA's Goddard Institute for Space Studies (GISS), proprio in occasione della Giornata Mondiale della lotta alla desertificazione e alla siccità promossa dall'Onu per il 17 giugno.
Nel maggio 2017 la temperatura media sulla superficie della terra e degli oceani è stata di ben 0,88 gradi superiore alla media del trentennio 1951-1980. La situazione - continua la Coldiretti - è difficile anche in Italia: il 2015 era stato l'anno più bollente della storia ma nella classifica degli anni più caldi nella Penisola ci sono nell'ordine il 2014, il 2003, il 2016, il 2007, il 2012 e il 2001.
In questo contesto, all’inizio di giugno è arrivato il temuto annuncio di Donald Trump: gli Stati Uniti usciranno dagli Accordi di Parigi sulla lotta ai cambiamenti climatici. Il Patto firmato da 197 Paesi ha l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media della Terra ben al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali. Cerca insomma di limitare i danni. Il dietrofront degli Stati Uniti è un colpo durissimo all’efficacia degli accordi: secondo gli ultimi dati dell’Agenzia americana per la protezione dell’Ambiente (Epa), gli Usa sono infatti il secondo produttore di anidride carbonica al mondo con una quota del 15% sulle emissioni mondiali di CO2 dietro la Cina (30%) e davanti all’Unione Europea (9%) e all’India (7%).
La decisione del secondo inquinatore globale peserà non poco sugli sforzi dei governi, nonostante la volontà degli altri di andare avanti. Nel frattempo il clima continuerà a presentare il conto con eventi meteorologici estremi (ondate di calore, periodi sempre più frequenti di siccità, allargamento delle aree a rischio desertificazione). E i tweet di Donald Trump - uno su tutti, nel novembre 2012, diceva così: «Il concetto di riscaldamento globale è stato creato da e per i cinesi con l’obiettivo di rendere non competitiva l’industria americana» - appariranno sempre più scollegati dalla realtà.
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