Le forze politiche sono tutte in campagna elettorale. Ma non tanto o non solo per il ballottaggio che si terrà domenica bensì per le elezioni politiche. Una campagna che dunque sarà lunghissima, visto che molto probabilmente si voterà nella primavera del 2018. E se letto in questa chiave, il test che si terrà tra meno di una settimana è tutt'altro che irrilevante. Lo si è già visto dopo i risultati del primo turno. La sterzata a destra del M5s su immigrazione e ius soli ne è indirettamente la conferma. Già perché i voti persi dai grillini, rimasti esclusi dai principali ballottaggi, hanno favorito i candidati sindaci del centrodestra. Nulla di irreparabile comunque. Anche perché mentre alle amministrative c'è stata una proliferazione abnorme di liste civiche, alle politiche a trainare sarà il simbolo dal momento che la competizione sarà regolata da un sistema proporzionale.
Chi comunque si frega le mani è Matteo Salvini. Il leader della Lega, contrariamente a Casaleggio, non si è affatto adirato per l'indiscrezione di Repubblica sul presunto incontro tra i due. Salvini, che un anno fa aveva espressamente dato indicazione di votare al ballottaggio i candidati 5 stelle a Roma e Torino, adesso si aspetta di venir ricambiato. Poco importa che da Grillo non arrivi l’endorsment perché nel mirino della Lega ci sono gli elettori dei pentastellati, che potrebbero essere determinanti per far vincere il centrodestra “a traino leghista” a Genova e La Spezia così come a Lucca e Pistoia, assestando un colpo durissimo al centrosinistra e dunque al Pd.
Ma una eventuale debacle del centrosinistra sarebbe automaticamente anche la sconfitta di Renzi? Non solo e non del tutto. In questo caso a perdere sarebbe infatti quella coalizione invocata e ricercata da chi critica proprio la vocazione solitaria del Pd espressa da Renzi. Certo dopo Roma e Torino la sconfitta anche a Genova, altra città rossa da decenni, sarebbe un colpo non da poco. Che in parte però potrebbe essere compensato (si fa per dire) dall’eventuale affermazione della tosiana Bisinelli a Verona su cui il Pd, escluso dal ballottaggio, ha deciso di indirizzare i propri elettori contro il candidato del centrodestra Sboarina. Una scelta, anche questa, che va letta in prospettiva. Renzi vuole allargare il più possibile il raggio d'azione del Pd, ma non per rimanere ostaggio di chi è alla sua sinistra. Il segretario guarda anche sul fronte opposto e il viatico a Verona ne è la prima conferma.
Del resto anche Silvio Berlusconi punta verso il centro. Il Cavaliere deve fare buon viso a cattivo gioco, ovvero festeggiare la possibile vittoria a Genova anche se questa finisce per rafforzare il suo principale competitor, ovvero Salvini e quella parte di Fi che punta sul listone unico con il Carroccio. Nel frattempo già prepara la campagna per le politiche dove punta ad arricchire le liste di Fi con nomi conosciuti (ad esempio direttori di testate giornalistiche) per garantirsi una corposa pattuglia di parlamentari che gli consenta di sedersi al tavolo per decidere il governo che verrà.
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