Destra contro destra. Su una sponda dell'Adige la «continuità» incarnata da Patrizia Bisinella, senatrice del gruppo misto, specchio dei 10 anni di amministrazione di Flavio Tosi nonché compagna del sindaco uscente. Sull'altra Federico Sboarina, appoggiato da Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia, ex assessore nella prima giunta dello stesso Tosi.
Forse era destino che proprio a Verona, storica roccaforte del centrodestra, trovassero sfogo le tensioni dell'ex polo dei «moderati» con un ballottaggio tutto interno allo stesso schieramento.
Sboarina parte avvantaggiato dopo il 29,3% conquistato alle urne l'11 giugno, Bisinella insegue con il 23,5% ma potrebbe godere dell'assist dell'elettorato del Pd: uno zoccolo più solido di quanto si potrebbe pensare visto che, nel centro storico, il partito di Renzi raccoglie il doppio dei voti della lista Battiti per Verona di Sboarina e stacca di oltre 1000 preferenze anche la Lista Tosi.
Bisinella è alla testa di un gruppo di liste civiche che gravitano intorno a Fare!, il movimento inaugurato da Tosi dopo lo strappo con i vertici leghisti, incline al dialogo con il centro e al Pd di Matteo Renzi.
All'estremo opposto Sboarina e le tante anime che si raggruppano sotto l'etichetta di «sovranisti», con tanto di endorsement nazionali di Giorgia Meloni, Daniela Santanchè e soprattutto Matteo Salvini.
Uno scontro che riproduce su scala (molto) ridotta la corsa a quattro della Francia, dove la contesa tra conservatori si era giocata tra i repubblicani di François Fillon e il Front National di Marine Le Pen. L'unica differenza è che in quel caso si parlava del primo turno e la vincitrice dei due, Marine Le Pen, avrebbe perso lo step successivo con l'attuale presidente Emmanuel Macron.
A Verona il voto del 25 giugno sarà schiacciato solo sull'ala destra, con gli imbarazzi per le indicazioni di voto, o non voto, che provengono dalle liste rimaste escluse.
Le elezioni di Verona un “test” nazionale? Retroscena a parte, le elezioni di Verona sembrano un test per il “listone” di centrodestra o destra che sta cercando di delinearsi in vista delle prossime elezioni nazionali. Ma lasciano anche trasparire il disagio di un elettorato che aveva sempre votato compatto nella stessa direzione, prima che le incrinature nazionali si rispecchiassero su una città con meno di 260mila abitanti e nove candidati diversi alle ultime comunali, di cui appunto due di destra.
Verona è stata amministrata ininterrottamente da otto sindaci della Dc dal 1951 al 1994, prima di due giunte di Forza Italia con Michela Sironi, un intermezzo di centrosinistra di cinque anni dal 2002 al 2007 dell'avvocato Paolo Zanotto e gli ultimi dieci anni con il doppio mandato di Flavio Tosi, storico volto della Lega in rotta da qualche anno con il partito e il presidente della regione Luca Zaia.
Ora il ballottaggio sarà una prova per valutare il futuro di due modelli, il centrodestra di Bisinella -Tosi e le pulsioni della vecchia guardia alle spalle Sboarina. Bisinella ha incassato il sostegno indiretto del Pd, visto che il partito ha invitato a un «voto utile Lega» che equivale a un'indicazione di principio in vista dello scontro finale del 25 giugno. Sboarina, in compenso, ha visto intervenire sul campo lo stesso Matteo Salvini, con un video girato ai margini della stazione centrale di Verona dove il leader del Carroccio «dà voce ai quartieri» filmando e provocando i migranti che incontra. Un attacco all'ex compagno di partito Tosi, accusato di «usare la città per fare scambi politici con Renzi» e di consegnare il potere alla sua compagna. Che oltretutto, aggiunge chi lo accompagna nelle riprese, «non è nemmeno di Verona».
Sullo sfondo del braccio di ferro tra Bisinella e Sboarina, con i rispettivi pesi massimi alle spalle, c'è la città. Verona ha sofferto la crisi meno di altri capoluoghi e resta una delle province più ricche d'Italia, con una retribuzione annua lorda media stimato dalla società JobPricing in circa 30.600 euro. Ma deve sciogliere alcuni nodi, a partire da quelli insidiosi come il caso della Fondazione Arena: l'ente che gestisce lo storico festival lirico dell'anfiteatro, da anni in rosso e in attesa di risanamento.
Il bilancio 2015, l'ultimo disponibile, si è chiuso con perdite per 1,3 milioni di euro e una posizione finanziaria netta in negativo di 8 milioni, facendo calare la scure sui lavoratori. Non un biglietto da visita da incorniciare, per una città che incassa circa 3 milioni di euro l'anno in tasse sul soggiorno dei turisti e attira 16 milioni di presenze l'anno.
Proprio su cultura e turismo si è svolto uno dei primi confronti tra i due nel pre-ballotaggio, con la proposta di Bisinella di «valorizzazione dell'università» e quella di Sboarina di un «brand Verona» che faccia da regia a tutte le attività sul territorio. Ma di questo si discuterà a urne chiuse, quando la città avrà scelto a quale delle due destre affidarsi. Magari influenzando pure, a modo suo, gli equilibri della politica «fuori dalle mura di Verona».
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