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Slitta ancora la concorrenza, le modifiche restano sul tavolo

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Slitta ancora la concorrenza, le modifiche restano sul tavolo

Tra l’impasse tecnica e il caso politico il passo è breve. Ancora una volta il disegno di legge concorrenza, arrivato a un passo dal traguardo, rallenta la sua corsa verso l’approvazione definitiva. Se il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda continua a sostenere un via libera immediato, anche con il ricorso al voto di fiducia della Camera, i deputati delle commissioni Attività produttive e Finanze prendono ancora tempo. Sul tavolo ci sono in particolare quattro emendamenti della stessa maggioranza, di cui uno (sulle assicurazioni) a firma del capogruppo Pd della commissione Finanze, Michele Pelillo, che rischiano di far deflagrare il provvedimento. Gli altri fronti aperti sono energia, telemarketing e odontoiatri.

Lo scontro è in atto ma nessuno lo vuol far emergere alla luce del sole. Alcune letture, infatti, attribuiscono al Pd di aerea renziana (o a una parte di questo) l’idea di indebolire il ministro Calenda, che sulla rapida approvazione del testo (peraltro presentato nel 2015 dall’allora ministro Federica Guidi) si è esposto pubblicamente e in più occasioni. Ieri il sottosegretario Antonio Gentile ha chiesto il ritiro degli emendamenti accantonati, al momento però senza successo: da vedere se la notte avrà «portato consiglio» e quale sarà l’esito della riunione delle due commissioni convocate oggi di prima mattina con il tentativo di chiudere i lavori e consegnare un testo per l’Aula. L’alternativa, anche questa non del tutto esclusa dalla stessa maggioranza, potrebbe essere quella di chiedere al presidente della Camera Laura Boldrini più tempo e rinviare ancora l’approdo del Ddl per il via libera dell’Assemblea.

Il progetto di una vasta parte della maggioranza è comunque quello di modificare in Commissione il testo sui quattro punti controversi per poi licenziarlo in Aula a Montecitorio la prossima settimana con un voto di fiducia sul testo così rivisto. Con l’accordo tacito di un nuovo voto di fiducia lampo al Senato per il varo definitivo prima della pausa estiva. Schema che tuttavia non convince via Veneto. L’idea che filtra dal ministero è che prolungare l’agonia di questo Ddl dopo quasi due anni e mezzo, imponendogli una quarta lettura a Palazzo Madama, significherebbe comunque condannare la concorrenza definitivamente all’oblio. Al Senato infatti i numeri per un voto di fiducia lampo non sono poi così scontati.

Insomma, l’obiettivo del ministero alla riapertura dei lavori di oggi sarà quello di arrivare a un ritiro di tutti gli emendamenti compresi quelli accantonati, anche perché sui quattro punti i pareri sono già pronti. Si ritiene in particolare che non ci sia urgenza oppure non ci sia necessità delle correzioni. A partire dall’energia e dall’addio al mercato tutelato previsto il 1° luglio 2019: secondo il Mise la modifica che cancella le aste per i clienti che non hanno ancora scelto il proprio fornitore si può inserire nel decreto attuativo già previsto dallo stesso Ddl. Sul telemarketing resta l’idea che la misura contestata (tra l’altro inserita al Senato su proposta di M5S) sia un ampliamento e non un restringimento delle tutela in materia di privacy, in quanto non annulla o ridimensiona l’attività dell’attuale registro delle opposizioni.

Obiezione di merito anche sulle assicurazioni, in quanto il ventilato ripristino del tacito rinnovo per le assicurazioni per la responsabilità danni viene giudicato dal Mise uno svantaggio per i consumatori: «Se il cliente dimentica di disdire il contratto nei termini previsti, il rapporto assicurativo si rinnova per un analogo periodo, con obbligo di pagare la nuova annualità». Sugli odontoiatri l’emendamento viene ritenuto superfluo in quanto «non è in dubbio che il possesso del titolo di odontoiatra sia indispensabile per svolgere l’attività di dentista, sia per i liberi professionisti sia per chi presta la sua attività in società odontoiatriche». Quattro modifiche, quattro pareri contrari e ancora tanta tensione.

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