DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A BRUXELLES – La Commissione europea ha annunciato questa sera qui a Bruxelles di avere approvato l'operazione di liquidazione-salvataggio della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca, annunciata quest'oggi dal governo italiano. L'esecutivo comunitario ha giustificato il generoso uso di denaro pubblico con la necessità di salvaguardare la stabilità finanziaria nella regione del Veneto. Secondo Bruxelles, l'operazione, controversa agli occhi di molti, servirà a consolidare il mercato bancario italiano.
“L'Italia – ha spiegato in un comunicato la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager – considera che l'aiuto di Stato è necessario per evitare tensioni economiche nella regione del Veneto, sulla scia della liquidazione della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca che escono ora dal mercato dopo un lungo periodo di difficoltà finanziarie (…) L'Italia sosterrà la vendita e l'integrazione di alcune delle attività e dei dipendenti in Intesa Sanpaolo”.
La Commissione europea ha dato il suo benestare a due decisioni: una iniezione di denaro pubblico per 4,785 miliardi di euro e garanzie per 12 miliardi di euro nel caso Intesa Sanpaolo non possa recuperare il finanziamento che intende versare nel fondo degli attivi da liquidare. In cambio di questo aiuto di Stato, Bruxelles si aspetta perdite piene e totali degli azionisti e degli obbligazionisti non privilegiati. Gli obbligazionisti privilegiati saranno salvaguardati, così come i depositanti.
L'esecutivo comunitario ha spiegato questa sera di considerare i due interventi compatibili con le regole della Comunicazione bancaria risalente al 2013. Secondo la signora Vestager, l'operazione consentirà di eliminare dai bilanci delle banche italiane crediti inesigibili lordi per circa 18 miliardi di euro. Contribuirà poi a un consolidamento del settore creditizio nel paese. Nei fatti, l'operazione approvata oggi consente agli sportelli bancari dei due istituti di funzionare regolarmente domani.
In un comunicato, Bruxelles ha voluto chiarire che la soluzione messa in pratica oggi è giunta dopo che l'ipotesi di una ricapitalizzazione precauzionale non è andata in porto. Questa imponeva che un investitore privato si sobbarcasse le perdite. Non essendoci nessuno a disposizione, la fuga dai depositi ha aggravato la crisi finanziaria e costretto le autorità comunitarie a dichiarare le due banche fallite o in via di fallimento (si veda Il Sole/24 Ore di venerdì).
Osservatori europei si interrogano sull'operazione appena annunciata. Si chiedono se il fallimento tout court non sarebbe stato meno costoso per le finanze pubbliche, e se l'applicazione del quadro fallimentare nazionale, come previsto dalla legislazione comunitaria in questo caso, non snaturi nei fatti le regole dell'unione bancaria. L'applicazione del quadro europeo avrebbe imposto maggiori perdite agli investitori, e probabilmente limitato il potere di intervento dello Stato.
Analisti politici fanno poi notare che per mesi il governo italiano si è opposto a una manovra sul bilancio del 2017 chiesta da Bruxelles e del valore di appena lo 0,2% del prodotto interno lordo, pari a 3,4 miliardi di euro, chiedendo ripetutamente e senza successo flessibilità di bilancio. Oggi, alla sorpresa di molti osservatori europei, lo stesso governo è pronto a sborsare quasi il doppio del denaro del contribuente per salvare nei fatti due banche regionali.
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