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Il Papa contro le pensioni d’oro: «Sono un’offesa al…

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serve nuovo patto sociale

Il Papa contro le pensioni d’oro: «Sono un’offesa al lavoro»

«Non sempre e non a tutti è riconosciuto il diritto a una giusta pensione, giusta perché né troppo povera né troppo ricca: le ”pensioni d'oro” sono un'offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni». Sono le parole usate da Papa Francesco nel discorso indirizzato questa mattina ai delegati della Cisl, guidati dal segretario generale Annamaria Furlan, ricevuti in occasione del congresso nazionale del sindacato a Roma. «Quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti» - ha sottolineato ancora il Pontefice - «è una società stolta e miope» .

Esclusione dei giovani danno per le imprese
Lavoro e previdenza dunque tra i temi dell’intervento del Papa, che ha ricordato ai sindacalisti le conseguenze dell’esclusione dei giovani dal mondo del lavoro. Alle imprese, ha spiegato Francesco, «mancano energia, entusiasmo, innovazione, gioia di vivere, che sono preziosi beni comuni che rendono migliore la vita economica e la pubblica felicità». «È allora urgente - ha incalzato poi - un nuovo patto sociale umano, un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell'ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare. Il dono del lavoro è il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, è il primo patrimonio di una società. È la prima dote con cui li aiutiamo a spiccare il loro volo libero della vita adulta».

Fare di piu’ per gli «scartati del lavoro»
Il Papa attento al sociale - come confermano i frequenti interventi, soprattutto negli ultimi mesi, su mondo del lavoro, dignità dei lavoratori e ruolo delle imprese - ha poi accusato il capitalismo di non comprendere «il valore del sindacato», perché «ha dimenticato la natura sociale dell'economia, dell'impresa». L’invito è a non parlare piu’ di economia di mercato ma di «economia sociale di mercato», in linea con l’insegnamento di San Giovanni Paolo II. L'economia infatti «ha dimenticato la natura sociale che ha come vocazione, la natura sociale dell'impresa, della vita, dei legami e dei patti».

Sindacati troppo simili a politica e partiti
In questo quadro, il sindacato ha le sue colpe: se è incompreso, ha spiegato ancora Francesco, è perchè non fa abbastanza «nei luoghi dei “diritti del non ancora”: nelle periferie esistenziali, tra gli scartati del lavoro». O perchè non lotta a favore di immigrati e poveri, o «semplicemente», ed è una stoccata accolta da un forte applauso dei delegati Cisl riuniti nell’Aula Paolo VI, perchè «la corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti». Per Francesco, il sindacato rischia di «diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Con il passare del tempo ha finito «per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile». Ma se manca la «dimensione profetica» che ha caratterizzato l’associazionismo sindacale e la tradizione Cisl «anche l'azione dentro le imprese perde forza ed efficacia».

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