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Boeri ridisegna il Welfare: oltre al taglio del cuneo, quattro proposte per il dopo-crisi

Fiscalizzare una parte dei contributi previdenziali all’inizio delle carriere lavorative di chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato e introdurre un’assicurazione salariale per garantire, a chi cambia posto di lavoro, di salvaguardare, almeno in una prima fase, i livelli salariali che aveva in passato. E ancora: ripensare alla struttura delle retribuzioni per orientare la mobilità dei lavoratori verso i posti con più elevata produttività e prospettiva di crescita, adottare un salario minimo per favorire il decentramento della contrattazione e offrire uno “zoccolo retributivo minimo” per i tanti lavoratori che non sono coperti dalla contrattazione nazionale.

Nella settimana in cui, da un lato, il governo torna al tavolo sindacale per riavviare il confronto sulla “fase due” degli interventi previdenziali concordati l'anno scorso e, dall’altro lato, le parti sociali si incontrano per l’atteso riesame dell’accordo per la contrattazione del 2013, il presidente dell’Inps, Tito Boeri, lancia una serie di proposte di riforma del nostro sistema di protezione sociale e delle politiche del lavoro che va ben oltre la discussione sul taglio del cuneo fiscale per le assunzioni degli under 35.

Terza relazione
Nella sua ampia relazione annuale, la terza del suo mandato, Boeri ha messo il dito sui tanti punti deboli del nostro welfare, quelli che non consentono di dare una risposta alle sfide strutturali che abbiamo davanti e che si sono fatte ancor più grandi negli anni della crisi: la globalizzazione dei mercati delle produzioni e i balzi in avanti delle tecnologie che sostituiscono il lavoro dell’uomo. Anche se le riforme degli ammortizzatori sociali adottate negli ultimi due anni vanno nella giusta direzione perché coprono platee più ampie di lavoratori e riducono la possibilità di lunghi periodi di sospensione dalle attività a addetti che restano legati a imprese destinate uscire dal mercato, per Boeri ancora non basta. Bisogna fare di più. Far funzionare la formazione permanente dei lavoratori, altrimenti il contratto a tutele crescenti del jobs act non centra il suo obiettivo di fondo, che è quello di mettere al centro del sistema la valorizzazione del capitale umano. Bisogna incentivare l’apprendistato e la mobilità del lavoro e garantire, appunto, quegli “zoccoli minimi” retributivi che soli possono difendere i più deboli.

Un ruolo più forte dell’Inps

L’analisi a tutto campo del sistema di protezione sociale offerto dall'economista che Matteo Renzi chiamò a guidare l'Inps nel dicembre del 2014 vale come un pezzo del programma di politica economica per la prossima legislatura. Ma è un programma difficilmente inquadrabile negli schemi di policy finora annunciati dai leader che si contenderanno le prossime elezioni. Boeri anche questa volta va oltre: chiede un ruolo più forte all’Inps per la selezione dei beneficiari del futuro Reddito di inserimento (Rei) e invita a non distribuire troppe, delle troppo poche risorse stanziate, agli enti locali, avvertendo che 1,7 miliardi non basteranno per sostenere un piano nazionale contro la povertà in un paese in cui i poveri veri, quelli che vivono sotto la soglia di indigenza, sono 4,5 milioni. E ai sindacati, divenuti il suo più duro avversario, lancia l’ennesima sfida, invitando a una raccolta dei dati sulle elezioni della rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) per capire quale sia il peso effettivo della loro rappresentanza.
Sulle pensioni restano le proposte fatte due anni fa con il documento “Non per cassa ma per equità” con l'invito al ricalcolo contributivo delle prestazioni attuali (l’85% delle pensioni vigenti è stato calcolato con il retributivo) mentre sull’attualità arriva l’invito a non smontare lo stabilizzatore automatico che adegua i pensionamenti futuri alla speranza di vita: si appesantirebbe - avverte Boeri - il debito pensionistico implicito che grava sulle spalle delle giovani generazioni.

Come è già accaduto in un passato recente Boeri si farà più nemici che alleati con queste nuove proposte, dentro e fuori il governo e su tutto il fronte sindacale, che ormai lo accusa di assumere iniziative improprie per un presidente dell’Inps. Ma è proprio questo il punto: al di là del merito delle idee avanzate non si può non riconoscere l’onestà e il coraggio intellettuale di un uomo che ha fin qui voluto vivere il suo ruolo di “civil servant”, andando oltre la responsabilità di gestione del più grande ente pubblico del Paese.

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