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Calenda: «Taglio al cuneo e altre detassazioni della…

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il ministro dello sviluppo economico

Calenda: «Taglio al cuneo e altre detassazioni della produttività»

Ministro, ha definito “clamorosamente positivi” gli ultimi dati sull’export. Saremo in grado di confermarli anche a dispetto dei “nuovi protezionismi”?
Una crescita del 6,6% nei primi quattro mesi del 2017, è oggettivamente clamorosa. E i dati rilasciati ieri che includono maggio segnano addirittura un +8% rispetto al 2016. Mi aspetto comunque un dato annuale più “normale”. Già il 2016 si era chiuso con il record e con la crescita della nostra quota di mercato sulle esportazioni mondiali che non si vedeva dal 2011. Tutto ciò conferma che la chiave per lo sviluppo dell’Italia è l’aggancio alla domanda internazionale.

Eppure cresce il fatturato medio ma il numero delle aziende che esportano non aumenta più...
È il vero punto di debolezza. Sono troppo poche le imprese che esportano. Questa è la priorità del piano made in Italy insieme alla diffusione dei prodotti italiani sulle piattaforme e-commerce. Le altre componenti del piano hanno invece dimostrato di funzionare bene. Premiati la scelta di concentrare gli sforzi sul Nord America dove la nostra quota cresce più dei competitors e il lavoro con la grande distribuzione che ha portato più di 800 nuove aziende sugli scaffali dei mercati internazionali. Aggiungo che per ogni euro speso da Ice abbiamo generato 15 euro di fatturato per le aziende. Direi che abbiamo fatto molto bene a scegliere di mettere i fondi su questo tipo di iniziativa invece che su inutili eventi “singing and dancing”.

Ma può bastare visti i risultati dei nostri principali competitor?
Credo che potremmo ritenerci soddisfatti solo quando il rapporto esportazioni Pil passerà dall’attuale 31% al 50% della Germania. A quel punto potremo davvero importare in Italia i tassi di crescita del mondo.

Il rapporto Ice segnala anche l’aumento degli investimenti diretti esteri. Ma il governo li considera tutti e sempre “buoni” o fa distinzioni?
L’aumento di quasi il 50% degli investimenti diretti esteri nel 2016 è un altro dato potente attribuibile anche all’agenda di riforme, ai tagli fiscali sulle imprese, e ad un’intensa attività di promozione e accompagnamento prima inesistente. Tra l’altro ieri con l’accordo Ice-Invitalia si è definitivamente strutturato il processo di lavoro. Gli investimenti esteri, acquisizioni, aperture di stabilimenti produttivi o centri di ricerca, sono sempre benvenuti e anche incentivati. Altra cosa sono gli investimenti che io definisco predatori: quelli fatti per spogliare un’azienda strategica dai brevetti e dalle tecnologie e esportarli in un altro paese. Questo tipo di iniziative vanno monitorate e impedite allargando i settori oggetto di “golden power”. Stiamo lavorando con Francia e Germania in Europa per avere l’ok a procedere in questo senso. La norma è pronta.

A proposito di aziende strategiche, sul caso banda ultralarga incontrerà Cattaneo o sta aspettando chiarezza sul vertice Tim?
Certo che incontrerò Cattaneo che, per inciso, considero un ottimo manager. Il suo lavoro è difendere l’interesse della sua azienda, il mio è quello di difendere l’interesse pubblico che in questo caso vuol dire applicare le regole, italiane ed europee, previste dai bandi. Quando ha usato toni non consoni al rapporto con il Governo gliel’ho fatto notare, si è scusato e la storia è finita lì.

Il governo pensa a una “soluzione Paese” con una società che unisca le infrastrutture di Tim e Open Fiber?
Sono favorevole ad una società delle reti e non escludo che in un futuro anche prossimo se ne possa riparlare, ma deve esserci la volontà delle parti di farlo. Elemento che fino ad oggi è mancato. Intanto il paese non può star fermo dunque il lavoro sulla banda larga va avanti e prima della pausa estiva presenteremo con Giacomelli il piano di incentivi alla domanda sulle aree grigie dove risiedono il 65% delle imprese.

La domanda interna dà segnali altalenanti. Crescono gli investimenti privati, sono fermi quelli pubblici, i consumi stentano. Quale sarà in autunno la politica giusta per favorire la ripresa e l’occupazione?
Innanzitutto continuare a stimolare gli investimenti privati in tecnologia, ricerca, formazione e internazionalizzazione. Del resto i dati di ieri di Bankitalia indicano chiaramente che la crescita viene da investimenti in innovazione ed export.

Ma anche velocizzare i tempi di esecuzione degli investimenti pubblici, che hanno un ruolo fondamentale in questo momento storico, riformando il Cipe e mandando a regime il nuovo codice degli appalti; tagliare il cuneo fiscale e detassare ulteriormente il salario di produttività. Poi esiste un capitolo sociale altrettanto importante. I dati sulla povertà sono inaccettabili. Va rafforzato il reddito di inclusione. A Taranto vareremo un programma pilota sul disagio giovanile che rischia di perdere una generazione. Oggi esistono alcune aree del paese dove questo problema è più acuto. Esattamente come abbiamo creato strumenti particolari per le aree di crisi industriale complessa, dobbiamo fare lo stesso per le aree di crisi sociale complessa in particolare quando colpisce i ragazzi in età scolare.

Come si fa a spingere la crescita e ridurre il debito? Ricetta Visco (aumentare l’avanzo primario), ricetta Renzi (deficit al 2,9% per 5 anni), ricetta Padoan del “sentiero stretto”?
Non esiste una risposta stile “Rischia Tutto”. Con la prossima finanziaria dobbiamo chiudere il percorso avviato dal Governo Renzi. Discesa del deficit, che peraltro Padoan ha negoziato molto bene con Bruxelles, e provvedimenti a favore della crescita. Per quanto riguarda la proposta di Renzi non mi scandalizza, anzi, penso però che vada invertito l’ordine dei fattori. Decidiamo dove vogliamo essere tra cinque anni, quali sono le priorità che vogliamo perseguire, costruiamo un piano industriale per il paese che metta al centro gli investimenti, l’internazionalizzazione e la formazione. Mettiamo in chiaro quali sono le riforme che vogliamo implementare e i provvedimenti che vogliamo adottare per abbattere il debito, poi andiamo in Europa e sui mercati e convinciamoli che è la strada giusta per arrivare ad un livello di crescita che sia finanziariamente e socialmente sostenibile. Per farlo occorre anche ritrovare i contenuti e i toni di un dibattito politico costruttivo e spirito di squadra. Altrimenti meglio rimanere al sicuro nei parametri europei.

Più esplicitamente: robusto taglio al cuneo per gli under 35, detassazione per il salario di produttività, taglio dell’Irpef?
Ho già risposto. Produttività, investimenti, formazione e solidarietà. Un taglio significativo dell’Irpef non è né prioritario dal punto di vista della crescita, né alla nostra portata.

Firmerebbe il piano sul deficit di Renzi se fosse vincolato al rilancio della competitività?
Firmerei il piano industriale di cui ho parlato. Premesso che non spetterà a me decidere, il deficit è la risultante di quello che ci fai e di quanto te ne puoi permettere. Due elementi strettamente collegati, che al momento non conosciamo. Se posso permettermi un suggerimento al Pd è quello di iniziare subito il lavoro sul “cosa” in vista delle prossime elezioni, anche perché servirà un grande sforzo di coinvolgimento dei corpi intermedi e dei cittadini. Penso che il Governo Renzi sia stato quello che ha fatto più iniziative e riforme a favore della crescita nella storia italiana recente. È un patrimonio da non disperdere.

È stato rappresentante permanente a Bruxelles, nominato proprio da Renzi. Crede sia fondato un problema di credibilità dell’Italia presso l’Unione europea?
Dipende da come ci poniamo. Abbiamo spesso visto alternarsi un approccio deferente, come se l’Unione fosse l’ancora anche morale di un paese altrimenti perduto, ad uno aggressivo, dove l’Europa è rappresentata solo come tecnocrazia e poteri forti da combattere. Entrambi questi approcci hanno una cosa in comune: considerano l’Europa qualcosa di altro da noi. Così non è. Se siamo in grado di stare dentro una casa che è anche nostra con autorevolezza, articolando le nostre posizioni allora non di rado indirizziamo l’agenda e troviamo soddisfazione alle nostre richieste.

Pensa ancora che sia giusto andare a votare alla scadenza naturale della legislatura? Quali sono tre cose da fare assolutamente per evitare il rischio di galleggiare nei prossimi otto mesi?
Guardi l’unica sensazione che non ho è quella del galleggiamento. Banche, migranti, giustizia penale, ius soli, Ilva, Alitalia eccetera, il lavoro fatto dal Governo in questi mesi è stato tutt’altro che una placida routine. Io credo che a Gentiloni vada riconosciuto il fatto di aver dimostrato capacità di leadership e resilienza non comuni. Oltre le tante riforme che dobbiamo completare dalla concorrenza al diritto fallimentare, dagli energivori alla Strategia energetica nazionale, il lavoro che si fa tutti i giorni è enorme e non meno importante. Anzi le dico di più, dobbiamo smetterla di pensare che esistano solo le riforme. L’attività fondamentale del Governo è l’amministrazione e la gestione. Sempre di più in futuro le leggi dovranno definire gli obiettivi e lasciare spazio per una governance rapida ed in continuo cambiamento.

Ha scommesso tanto sul piano Industria 4.0. Ma come farete a salvaguardare l’occupazione nelle produzioni a più alta automazione?
È la grande questione dei nostri tempi. Globalizzazione e innovazione tecnologica ridisegnano da secoli la mappa del lavoro, normalmente il risultato finale è positivo, ma durante il percorso si possono creare fratture profonde tra vincitori e vinti. Il problema è che negli ultimi cinquant’anni questi processi hanno anche preso una velocità incredibile, rendendoli difficili da comprendere figuriamoci da governare. Spesso poi le classi dirigenti li hanno rappresentati in maniera semplicistica e ottimistica. Anche per questo si è diffuso in Occidente un rifiuto della modernità e una sfiducia profonda nelle classi dirigenti progressiste. Lo vediamo sui vaccini come sull’opposizione a qualsiasi accordo di libero scambio per quanto conveniente esso sia. Anche per questo il secondo capitolo di industria 4.0, dopo quello su investimenti e competenze, sarà interamente dedicato al lavoro 4.0.

Sono allo studio misure per la prossima manovra?
Sappiamo che la tecnologia da sola non costruisce innovazione sostenibile. Con Poletti e Fedeli stiamo lavorando per presentare un piano alla cabina di regia di settembre e inserire le prime norme in legge di bilancio.

Sulla legge per la concorrenza si taglia il traguardo prima della pausa estiva? Resta irrisolto il nodo di servizi pubblici locali e partecipate...
Lo spero proprio. Dipende dal Pd. Sono sicuro che onorerà l’impegno preso
con i cittadini. E prima di chiudere questo capitolo sulla concorrenza non voglio parlare del nuovo. Sarebbe poco serio.

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