Ci sono i servizi pubblici locali in house, affidati senza gara o confermati con proroghe improprie, nel mirino dell’Anac di Raffaele Cantone.
Non da oggi, come dimostrano i paletti già posti dall’Autorità anticorruzione con la delibera 1192/2016 che ha bocciato l’affidamento a Sogei del monitoraggio sul sistema Sistri. O ancora le linee guida sull’Albo voluto dal nuovo codice degli appalti cui saranno obbligate a iscriversi le società intenzionate a ricevere o affidare affidamenti senza gara. Una stretta su tutto il sistema soprattutto in termini di trasparenza e monitoraggio che finora non ha fatto nessuno e che decollerà dal 30 ottobre.
La delibera 626/2017 sugli affidamenti a Hera e Herambiente costituisce tuttavia un salto di qualità e un’accelerazione nella strategia dell’Autorità contro le «deviazioni» dell’in house dalle condizioni che lo rendono legittimo (controllo analogo, fatturato del servizio per l’80% del controllante, partecipazione di capitali privati senza influenza determinante sulle decisioni). L’obiettivo di Raffaele Cantone sembra quello di spingersi dove finora nessuno si era spinto nel valutare i profili anticoncorrenziali illegittimi dell’attività del sistema dei servizi pubblici locali. Decine di tentativi legislativi e normativi che si sono succedute negli ultimi 15 anni non sono riusciti a frenare l’ondata dell’in house anticoncorrenziale decollata nel 2003 con l’”emendamento Buttiglione” all’articolo 14 del decreto legge 269.
In particolare nel mirino dell’Autorità c’è il tragitto improprio per cui una società pubblica titolare originariamente di un servizio in house, si trasforma via via in una chiave industriale allontanandosi dalla sfera pubblica ma continuando a poggiare la propria attività su un regime di in house. Se vengono meno le ragioni e le condizioni del servizio in house, è il principio ispiratore dell’Autorità, non può prevalere una continuità degli affidamenti “protetti” in essere, indugiando in una terra di mezzo fatta di proroghe e condizioni eccezionali, ma bisogna passare a un regime di competizione.
Ci sono due aspetti della delibera 626/2017 che vengono sottolineati con particolare forza dagli esponenti dell’Autorità e spiegano il senso dell’azione intrapresa non solo per il caso specifico ma come criterio di valutazione anche per altri casi analoghi in futuro.
Il primo è l’attività svolta dalla società titolare del servizio in house. «Siamo in presenza - dicono all’Autorità - di un enorme sforzo da parte della società in termini di investimenti nel settore dei rifiuti e questo sforzo è del tutto incompatibile con l’idea di non vincere le prossime gare, ammesso che se ne facciano. In altre parole l’idea di una discontinuità nell’affidamento del servizio non è minimamente presa in considerazione».
Il secondo aspetto riguarda alcune problematiche di sistema legate ad Atersir, l’agenzia pubblica di regolazione del servizio che dovrebbe organizzare l’uscita dal regime di prorogatio e l’espletamento delle gare. Siamo in presenza di un caso di «cattura del regolatore da parte dei soggetti controllati». Atersir - dicono all’Autorità anticorruzione - «ammette che la propria struttura è sottodotata e non è assolutamente in grado di mettere in piedi un sistema di gare adeguate». Il risultato è che «la mancanza di un definito programma tecnico amministrativo che preveda il termine della attuale situazione di prorogatio si risolve in una sostanziale indeterminatezza della lunghezza del periodo di prorogatio stesso».
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