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Dimissioni di Costa segnale di sfilacciamento della maggioranza

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L'Analisi|interim per gentiloni

Dimissioni di Costa segnale di sfilacciamento della maggioranza

Le dimissioni del ministro degli Affari regionali Enrico Costa erano nell’aria da qualche giorno e sono frutto di un chiarimento politico interno al partito centrista di Angelino Alfano, Ap, diviso tra chi come Costa guarda a Forza Italia per ricostruire un centrodestra dall’ispirazione liberale e chi come lo stesso Alfano mira invece a consolidare un’area di centro autonoma dal Pd e da Fi, puntando anche sull’attuale legge elettorale di stampo proporzionale che almeno alla Camera non permette le coalizioni.

Il premier Paolo Gentiloni ne ha preso atto prendendo lui stesso l'interim di Costa ed evitando così pericolose sostituzioni in una situazione politica sempre più sfilacciata man mano che si avvicina la fine della legislatura. Gentiloni stesso aveva sollecitato un chiarimento interno durante il suo faccia a faccia di martedì con il suo ministro degli Esteri Alfano. E il chiarimento è puntualmente arrivato.

Conseguenze immediate sul governo non ce ne sono, come si precisa da Palazzo Chigi. Ma certo le dimissioni di Costa sono lì a segnalare il problema della tenuta del gruppo centrista in Senato, già resosi evidente con la decisione del governo e del Pd di far slittare a dopo l’estate (forse) l’approvazione definitiva della legge sulla cittadinanza (ius soli) osteggiata dagli alfaniani.

Con il gruppo di Ap attratto dalle sirene berlusconiane e con gli scissionisti bersaniani di Mdp sull'uscio – Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza hanno ripetutamente avvertito che il loro partito non voterà la legge di bilancio se non ci sarà una decisa inversione di rotta rispetto alle “politiche renziane” considerate di destra – è lecito chiedersi se in questo scorcio di legislatura sarà possibile approvare qualche provvedimento incisivo, a cominciare appunto alla legge di bilancio, o ci limiterà a navigare a vista in attesa delle elezioni.

Non è un mistero che proprio per questi motivi Matteo Renzi avrebbe preferito andare alle elezioni anticipate, possibilmente a fine settembre assieme alla Germania in modo da marcare in senso europeista la campagna elettorale. Campagna elettorale che a questo punto sarà piuttosto lunga («durerà sei-sette mesi», ha detto qualche giorno fa lo stesso Renzi) .

In queste condizioni approvare una legge di bilancio utile al Paese resistendo alle mille richieste dei gruppi politici, che vorranno spendere le misure in campagna elettorale, sarà compito arduo. Già si parla di una manovra basic, con poche norme, sulla quale veglierà un preoccupato Capo dello Stato. Manovra basic che comunque dovrà trovare i numeri per l’approvazione in Senato, con tutto quello che ne conseguirà in termini di propaganda elettorale per il partito di Renzi e Gentiloni se alla fine i voti di Fi dovessero risultare decisivi per evitare l’esercizio provvisorio.

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