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Atac, il referendum riaccende un faro sui monopoli locali

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Atac, il referendum riaccende un faro sui monopoli locali

  • –Giorgio Santilli

Scade il 9 agosto la raccolta delle 30mila firme (siamo quasi a 20mila) che consentirebbero di tenere a Roma il referendum proposto dai radicali sulla liberalizzazione del trasporto pubblico locale a Roma. Il referendum invita a prendere atto del fallimento dell’Atac per voltare pagina, indicendo gare per uno o più gestori e liberalizzando i servizi che hanno un mercato. «Il referendum è locale ma la sua valenza è nazionale», ha detto nei giorni scorsi Emma Bonino, che ricorda come «portare nella prossima primavera due milioni di cittadini romani a votare sul cambiamento del rapporto tra cittadino, amministrazione e servizi pubblici sarebbe cruciale per conquistare elementi di concorrenza oggi sconosciuti in Italia». Al referendum hanno dato la loro adesione alcuni pd come Walter Tocci, ex assessore alla mobilità del Comune di Roma. Resta ferma, invece, la contrarietà della giunta M5S , per cui «privatizzare non è la soluzione».

Il referendum punta in sostanza a mandare in soffitta il monopolio dell’Atac sul servizio di trasporto urbano, che negli ultimi dieci anni si è arricchito anche del servizio di metropolitana, in questi giorni sotto i riflettori per l’incidente occorso a una passeggera, trascinata dal treno mentre il macchinista mangiava (ora è sotto inchiesta). L’Atac - dice Bonino - «è un’azienda di fatto fallita, bacino di clientele politiche per decenni, che nega a tutti i cittadini, romani e non, la possibilità di muoversi in città liberamente, in modo semplice che almeno si avvicini a una capitale europea».

I radicali non salvano nessuno degli schieramenti che ha governato Roma negli anni passati. «Dal 2006 al 2015 - dice il dossier “Mobilitiamoci” sul referendum - l’offerta complessiva del trasporto pubblico a Roma è diminuita di 13 milioni di vetture-chilometro, l’offerta di bus elettrici è stata ridotta dell’80% e l’offerta tranviaria è calata del 30%». La pianificazione dei mezzi di superficie non è mai stata rispettata e quella di metropolitana quasi mai. L’età media dei bus è di dieci anni, quella dei tram 32.

«È sbagliato pensare che l’Atac sia il bene comune perché il bene comune è il servizio offerto ai cittadini. Per invertire la rotta occorre mettere a gara il servizio affidandolo a più soggetti, rompendo il monopolio e aprendo alla concorrenza. Le gare stimolano le imprese, pubbliche o private che siano, a comportarsi in modo virtuoso. Roma Capitale è ferma, come il Paese, e ha bisogno di attrarre nuove realtà imprenditoriali che possano investire contro i monopoli ma anche contro le svendite agli amici degli amici».

Dopo la bocciatura del decreto Delrio-Madia sui servizi pubblici locali da parte della Consulta, il tema dei servizi locali è stato parzialmente ripreso dalla manovrina ma senza una cornice legislativa coerente e organica. Di grande rilievo la recente decisione dell’Autorità anticorruzione che definisce robusti paletti alle gestione in house (caso Hera) ma si attende una “fase due” legislativa sulla concorrenza (legge o decreto legge) per avviare una apertura di mercato in quello che è il settore oggi più protetto e arretrato in termini di concorrenza: imperversa l’in house prorogato senza gara dal 2003 (emendamento Buttiglione al Dl 269/2003), come dimostra proprio la gestione dell’Atac, rinnovata per sette anni senza gara dalla giunta Veltroni nel 2006 e successivamente dalla giunta Alemanno nel 2012 per il periodo 2013-2019.

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