L’intervista del presidente dell’Inps Tito Boeri, apparsa sul Sole 24 Ore di domenica scorsa, è basata su un presupposto inesistente, secondo il quale il sottoscritto e il presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi avremmo proposto di bloccare tout court l’età pensionabile a 67 anni, per tutti e per sempre. Da qui la stima “terrorizzante” dell’Inps di una spesa di 141 miliardi di euro fino al 2035. Capiamo l’esigenza di mettere le mani avanti, ma sarebbe più opportuno partire dalla proposta vera: quella di rallentare o di modulare con maggiore gradualità l’innalzamento dell’età della pensione, eventualmente saltando il gradino dei 67 anni, che dovrebbe scattare nel 2019.
Il nostro appello rivolto al Parlamento e al Governo è di rivedere un sistema che penalizza chi sta per andare in pensione, avendo già subìto lo scalone di sei anni della legge Monti-Fornero; le donne, che soffrono di condizioni previdenziali svantaggiate rispetto agli uomini; i giovani, per i quali l’unica certezza, se non ci saranno correttivi, sarà quella di andare in pensione a 70 anni, con assegni inadeguati a una vita dignitosa.
L’esigenza di rivedere il meccanismo dell’aggancio della pensione all’aspettativa di vita deriva anche dal fatto che, negli anni 2014-2016, l’andamento non è stato lineare. Riportiamo qui di seguito un estratto dal Rapporto n. 17 del 2016, («Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario»), pubblicato dal Mef: «… si evidenzia che a seguito dell’accertata diminuzione della speranza di vita per l’anno 2015 (vedere comunicato Istat del 19 febbraio 2016), difficilmente l’adeguamento decorrente dall’anno 2019 potrà rispettare quanto previsto dal citato scenario demografico Istat (base 2011)… In concreto, qualora nell’anno 2016 si realizzasse un recupero della diminuzione della speranza di vita registrata per l’anno 2015, gli adeguamenti effettivi decorrenti dal 2019 potrebbero collocarsi in una situazione intermedia con un adeguamento positivo, seppur significativamente contenuto rispetto a quello ipotizzato come conseguente dallo scenario demografico Istat »(p.205 del rapporto).
Sempre secondo l’Istat, il recupero al rialzo dell’aspettativa di vita nel 2016 è avvenuto. Alla luce di questi dati occorre fare una valutazione a consuntivo coinvolgendo il Parlamento e le parti sociali. Una nostra proposta è di sospendere l’adeguamento automatico dell’aspettativa di vita prevista per il 2019, che posticiperebbe la pensione, anche per non entrare in oggettiva contraddizione con l’entrata in vigore dell’Ape sociale che, invece, la anticipa.
Il fatto che nel verbale sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Governo nel settembre scorso sia già prevista la non applicazione dell’aumento della aspettativa di vita per i lavori usuranti, suggerisce un’altra idea: che questa strada possa essere seguita anche per la tabella dei lavori gravosi. La pausa che noi proponiamo potrebbe essere utilizzata per rivedere il meccanismo dell’innalzamento dell’età pensionabile che tenga conto di una sua maggiore gradualità nel tempo o delle oggettive differenze esistenti tra chi svolge lavori gravosi e chi fa attività meno faticose.
Il “cantiere pensioni” si è nuovamente aperto: discutiamo nel merito ed evitiamo di evocare improbabili scenari apocalittici. Nel recente passato gli interventi correttivi della manovra Monti-Fornero hanno dimostrato di funzionare risolvendo molti drammatici problemi sociali.
Presidente della commissione
Lavoro Camera dei Deputati
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