La lite fra Regione Lazio da una parte e comune di Roma-Acea dall’altra sul piano di emergenza idrica della Capitale (con l’ipotesi di limitazione dell’erogazione ai cittadini e il confronto su piani alternativi) ha una componente politica di lotta fra opposti schieramenti che alzano la tensione ed esasperano lo scontro. Ma nasconde anche un nodo reale e istituzionale che è stato finora ignorato dai media e che non potrà non affacciarsi nell’audizione che il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, terrà domani alla commissione Ambiente della Camera.
Il nodo è il “dialogo fra sordi” che da oltre 20 anni caratterizza il rapporto fra due funzioni fondamentali legate all’acqua: la pianificazione della risorsa idrica in termini ambientali e di approvvigionamento e quella legata al consumo di acqua per usi civici e ai servizi idrici di acquedotto, depurazione e fognatura. Queste due funzioni sempre più dovrebbero interagire con il progredire della questione climatica e la scarsità di risorsa.
Fin dall’inizio, invece, si sono creati due mondi che istituzionalmente e culturalmente sono sempre stati separati: da una parte la legge 183/1989 sulla difesa del suolo organizzata con una pletora di autorità di bacino collegate ai corpi idrici, caratterizzate da un approccio frammentato e ultraburocratico, che ha ingabbiato e svilito anziché esaltare, come avrebbe dovuto, la pianificazione ambientale, come richiesto poi dall’Unione europea con la direttiva 2000/60; dall’altra la legge 36/1994, meglio nota come «legge Galli», che ha tentato, con molti fallimenti e qualche passo avanti , di favorire una gestione industriale dei servizi idrici, premiando investimenti sulle reti e superando problemi atavici come le perdite di acqua o l’assenza di depurazione e fognature. La diffidenza fra queste funzioni - e le gelosie fra chi esercita i relativi poteri - si riverbera oggi nei conflitti romani, nonostante i passi avanti fatti negli ultimi anni che, con una maggiore consapevolezza di tutti, dovrebbero portare a una più radicale integrazione.
Sul versante del servizio idrico, la regolazione affidata dal 2012 all’Autorità per energia elettrica, gas e servizi idrici (Aeegsi) ha avviato un percorso tariffario che ha ricominciato a premiare quei gestori che gli investimenti li fanno davvero(si veda Il Sole 24 Ore dell’8 luglio) dopo anni di confusione, demagogia e totale svincolo fra tariffe e investimenti. In questa tariffa entra anche una componente ambientale del costo del servizio che potrebbe creare un ponte fra efficienza gestionale e superamento delle criticità di programmazione ambientale.
Sulla pianificazione della risorsa, il ministro Galletti, dopo decenni di abbandono, ha dato attuazione alla direttiva 60/2000 e ha snellito l’apparato pletorico di autorità di bacino, passando da 8 Autorità nazionali e 30 interregionali e regionali a 7 Autorità distrettuali, di cui 2 insulari. Ha anche ricreato un percorso di integrazione fra le due funzioni. Non sarà facile arrivare a un risultato perché i ponti fra i due mondi sono fragili. Non c’è il raccordo delle due funzioni in una sola Autorità, come in Gran Bretagna con Ofwat. Il tema, però, non si può più eludere e Galletti può impostarlo oggi al meglio, ricordando a tutti gli attori periferici che con le frammentazioni e le rivalità viste per 20 anni, a rimetterci saranno i cittadini, l’ambiente e lo sviluppo italiano.
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