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Gli ostacoli sulla legge elettorale, la cautela del Colle e il…

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politica 2.0

Gli ostacoli sulla legge elettorale, la cautela del Colle e il «nodo» di settembre

Sembra che oggi al tradizionale appuntamento del Ventaglio con la stampa parlamentare, Sergio Mattarella sorvolerà sul tema della legge elettorale e si concentrerà più sulla stabilità, sul rapporto con l’Europa. Magari ne farà cenno ma certo senza sbilanciarsi in richiami o appelli come invece è accaduto nei mesi passati e fino a qualche tempo fa. Durante l’ultimo tentativo - quell’accordo tra Berlusconi, Renzi e Grillo sul sistema tedesco – era rimasto a guardare in silenzio nonostante parte di quel “pacchetto” contenesse un patto sulla data delle elezioni, materia di sua competenza. Bene, non disse nulla e non rivendicò la titolarità dello scioglimento delle Camere proprio per non offrire alibi al fallimento di quell’intesa che, poi, naufragò nel giro di pochi giorni. E lì si è rimasti. Ed è anche difficile che da lì si possa ricominciare.

Lasciando per un attimo da parte la volontà politica dei partiti principali, è proprio l’iter parlamentare che è in salita. L’esame – come ha conferato il capogruppo Pd Rosato – ricomincia a settembre da Montecitorio, ma è un bluff perchè tutto si fermerà subito su un intoppo. Quale? Che non si potrebbe prescindere da quell’ultima votazione – in cui tutto naufragò – che tolse al Trentino Alto-Adige la specificità di collegi maggioritari ritagliati ad hoc per favorire la Sudtiroler Volkspartei. In sintesi, quella norma che ha contro la Svp mette a rischio tutta la legge e apre un fronte nella maggioranza di Governo. Come spiega il presidente della Commissione Affari Costituzionali Andrea Mazziotti: «Alla Camera si è condannati a ripartire da quel voto e quindi servirebbe, da subito, un accordo politico forte per cambiare la norma al Senato altrimenti non si può andare avanti». L’altra opzione, suggerisce, è di ricominciare dal Senato. In questo caso, i presidenti di Camera e Senato – d’intesa – dovrebbero trasferire l’esame a Palazzo Madama per ripartire da zero e cancellare quella votazione. Anche questa via d’uscita ha però la sua controindicazione: che la doppia lettura si farebbe al Senato. Ossia un salto mortale vista la fluidità dei numeri e dei partiti a palazzo Madama.

Ma non è l’unica difficoltà sulla via della riforma. L’altra dipende dai tempi. Nel senso che tutti sanno che il vero rischio per la tenuta del Governo è l’incrocio tra esame della legge elettorale e sessione di bilancio. Si tratterebbe, quindi, di tenere l’una ben distante dall’altra cominciando a discutere di soglie di sbarramento quando la manovra economica è ormai in acque sicure. Il che vuol dire dopo la metà di novembre. Alla fine, anche chi negli ambienti berlusconiani o in quelli di sinistra ancora parla di sistema tedesco o di premio di coalizione, non ha ancora spiegato come si superano questi intoppi. Che alcuni definiscono un dettaglio se si trovasse quello che oggi è un miraggio: un nuovo patto tra Renzi e Berlusconi con dentro Alfano visto che Grillo sembra molto lontano dall’idea di giocarsi un’altra partita al tavolo elettorale. Ecco quindi spiegata la distanza e la prudenza che ormai si pratica al Colle su un tema che prima era in cima all’agenda.

Il risultato più probabile è che si vada con i due sistemi del Consultellum diversi per Camera e Senato, che l’armonizzazione non ci sarà e che – al massimo - si farà un decreto amministrativo per spiegare la scheda elettorale. E così si andrebbe a elezioni sperando che dopo il voto non parta la giostra dei ricorsi.