Il 2 agosto 2017 è sicuramente una data da cerchiare per la storia della concorrenza di questo Paese. Dopo quasi 2 anni e mezzo (894 giorni per l’esattezza) e 4 letture, il Parlamento ha approvato la prima legge sulla concorrenza da quando nel 2009 fu introdotto l’obbligo annuale di un Ddl. Uno stillicidio parlamentare, questo, che rischia di far passare in secondo piano il contenuto degli oltre 70 articoli che comunque intervengono in settori nevralgici della nostra economia: dalle assicurazioni all’energia, dalle banche alle professioni.
Indubbiamente si pone con forza un problema più profondo di sostenibilità dello strumento di una legge annuale. Come riconosce lo stesso ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda «nel futuro occorrerà comunque ragionare sull’opportunità di procedere con un approccio settoriale eventualmente mediante decreti legge elaborati tenendo conto delle indicazioni dell'Antitrust». Fu la legge sviluppo, varata nel 2009, a prevedere l'obbligo per il governo di presentare ogni anno alle Camere un disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza. Un provvedimento, si prevedeva, da adottare al fine di «rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori».
Trascorsi quasi otto anni il bilancio resta fermo solo all’approvazione di questo Ddl adottato dal consiglio dei ministri il 20 febbraio 2015. Che - come ha ricordato recentemente l’Antitrust - è stato via via infarcito di «disposizioni che trattano temi eterogenei di non immediata rilevanza concorrenziale», senza affrontare diverse problematiche segnalate sempre dal Garante come - per citarne alcune - la ridefinizione del servizio universale postale; l'eliminazione dell'esclusiva, in capo agli avvocati, dell'attività extra-giudiziale; la riforma dei servizi pubblici locali e nuovi interventi di liberalizzazione del mercato dei farmaci fino alla norma anti scorrerie. Il Governo comunque ufficialmente ci crede, al punto che nelle stime sugli effetti macroeconomici delle riforme contenute nel Piano nazionale delle riforme inviato a Bruxelles accoppia la legge appena approvata al prossimo provvedimento sulla concorrenza: insieme determinerebbero un incremento del Pil dello 0,2% dopo cinque anni e dello 0,5% dopo 10 anni.
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