Possibili risparmi complessivi fino a 12 miliardi di euro all’anno, quasi un punto percentuale di Pil, con trasporti urbani più efficienti. Questi gli impatti potenziali di una organizzazione ottimale della mobilità nelle 14 città metropolitane del Paese in termini di risparmio di tempo, decongestionamento, miglioramento dell’ambiente e della sicurezza. Solo dimezzando i tempi di spostamento, in linea con quelli dei principali Paesi europei, gli italiani potrebbero risparmiare tra i 5,5 e i 7 miliardi all’anno. Sono le conclusioni a cui giunge la ricerca di The European House-Ambrosetti, svolta in collaborazione con Ferrovie Italiane, presentata ieri nell’ambito del forum Ambrosetti di Cernobbio.
Lo studio è stato commentato da Renato Mazzoncini, amministratore delegato di Fs Italiane. Nel corso della presentazione, l’ad ha detto che Ferrovie dello Stato è pronta per andare a Piazza Affari ma è in attesa del provvedimento di legge. «Noi siamo pronti – ha spiegato – ma la prospettiva di un’eventuale quotazione prevede una norma di legge». «Noi - ha aggiunto Mazzoncini - abbiamo concluso la nostra parte», sulla separazione tra il trasporto regionale e quello a lunga percorrenza (Alta velocità e Intercity), «completando lo studio che avevamo lanciato», il quale ha dimostrato che «non esistono inefficienze industriali su questa separazione». «Su questo punto non siamo autonomi, serve una decisione da parte della politica. Serve un confronto con il nostro azionista», ha spiegato il ceo, aggiungendo di non avere visibilità su cosa succederà. Mentre le nozze tra Ferrovie dello Stato e Anas saranno celebrate «entro la fine dell’anno» ha aggiunto Mazzoncini, «stiamo chiudendo la perizia» sul contenzioso che riguarda l’Anas, che sta valutando l’assenza di rischi finanziari, ha spiegato Mazzoncini.
Tornando alla ricerca si evince che oggi chi utilizza il mezzo pubblico nelle 14 aree metropolitane del Paese (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bari, Firenze, Bologna, Genova, Venezia, Reggio Calabria, Cagliari, Catania, Palermo, Messina) impiega in media il doppio del tempo che a Parigi, Madrid, Berlino o Londra: 61 minuti per coprire solo 5,5 chilometri. Il primo pilastro per modernizzare il sistema di mobilità urbana in Italia è potenziare la rete su ferro (ferrovie, tranvie, metropolitane), per favorire lo sviluppo del trasporto collettivo a scapito degli spostamenti individuali.
La mobilità, sottolinea la ricerca, è un fenomeno in crescita esponenziale. Il tasso di mobilità della popolazione italiana, cioè le persone che si spostano giornalmente, è aumentato dal 75,1% all’83,6% nei soli ultimi cinque anni. A oggi, però, la mobilità italiana è un fenomeno legato alla mobilità individuale (tipicamente auto e moto), con valori molto più elevati rispetto alle capitali estere: ad esempio a Milano quasi il 50% degli spostamenti viene fatto con mezzi individuali e a Palermo la quota arriva al 78%; per contro a Londra solo un cittadino su tre usa un proprio mezzo, mentre a Parigi meno di uno su sei. In questo quadro la mobilità collettiva è sbilanciata verso la gomma: l’autobus ha una quota del 65%, a fronte del 34% francese, 36% tedesco e 50% di media Ue. In aggiunta, l’età dei mezzi è più elevata rispetto agli altri Paesi (11,4 anni in Italia, 7,8 in Francia e 6,9 in Germania) con evidenti conseguenze in termini di emissioni inquinanti e alti costi di manutenzione.
L’ulteriore anomalìa italiana rispetto all’Europa è il sottodimensionamento della rete di mobilità su ferro: in Italia abbiamo 3,8 chilometri per milione di abitanti di rete metropolitana, metà di quella della Germania e un terzo della Spagna. In Italia ci sono 234 chilometri di linee metropolitane, meno dei 290 della sola Madrid. In Germania 630 chilometri, nel Regno Unito 680 chilometri. La rete tranviaria vede un quadro simile in cui l’Italia si attesta a 5,34 chilometri per milione di abitanti, in linea con il dato della Spagna ma distante da Francia e Germania. La conseguenza è un trasporto collettivo che fatica a fornire una risposta adeguata alla crescita della mobilità con standard comparabili a quelli dei Paesi più avanzati.
Lo studio, in modo del tutto originale, elabora poi l’Indice di mobilità urbana (Mobility Index) che consente di comparare la mobilità delle 14 città metropolitane italiane, calcolandone la qualità: ai primi posti Milano con un valore di 8,07, Torino (7,12) e Venezia (6,41). Seguono Roma con 5,60 e Napoli con 5,07 per il Centro-Sud. In coda alla stessa graduatoria si trovano Messina con 4,28, Reggio Calabria (4,26) e Palermo (3,90).
Il futuro della mobilità urbana italiana dipende insomma dalla capacità di realizzare un riequilibrio modale verso soluzioni di trasporto collettivo. Secondo lo studio Fs Italiane-Ambrosetti esiste un margine di miglioramento che può portare a un’inversione di tendenza nell’arco di tre-cinque anni fondata su tre pilastri: creazione di un solido sistema di infrastrutture di trasporto urbano su rete fissa; sviluppo di un modello di gestione del servizio collettivo sostenibile a livello ambientale ed efficiente in termini economici; aumento degli investimenti in innovazione tecnologica che rendano il sistema capace di offrire una migliore esperienza di viaggio.
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